questo sito utilizza cookie per profilazione e per mantenere gli accessi al forum.
scorrendo questa pagina o cliccando su questi link ne accetterai automaticamente l'utilizzo.


blog|informatica, storia, novelle ecc



L’alimentazione dei sumeri

L’alimentazione dei sumeri





L’alimentazione dei Sumeri
I Sumeri avevano un’ alimentazione molto varia . Questi cibi erano ricavati dall’agricoltura e dall’ allevamento ed erano : grano , orzo , sesamo , legumi come fave ( fagioli verdi e grandi ) piselli e lenticchie , con la farina cucinavano focacce e pane . Coltivavano aglio , cetrioli , alberi da frutto come : datteri , fichi , meli , melograni , noci , peri , albicocchi… . I Sumeri producevano la birra.
Allevavano equini , suini , ovini e bovini da cui ricavavano latte e carne. Mangiavano anche le cavallette!
I Sumeri usavano ben 300 tipi di pane e 100 tipi di minestre. I ricchi andavano a tavola due volte al giorno : la mattina e la sera. I commensali mangiavano cibi serviti in camera , sul divano , all’ingresso e in giardino.
Il cibo fondamentale dei Sumeri poveri era diventata la coltivazione della palma da datteri che era più economica rispetto ai cereali. I datteri erano molto grandi e venivano conservati nel miele come l’uva e i fichi.




Le abitudini alimentari dei sumeri





I Sumeri appresero innanzitutto a tostare i cereali (come l’orzo, il frumento e il miglio e poi a macinarli grossolanamente e a ricavarne polente e in alcuni casi a panificarli.
I primi animali domestici furono le pecore e le capre (che fornivano, oltre alla carne e al latte, anche il vello); seguirono i maiali e da ultimo i bovini (cibo principalmente destinato alle classi superiori).
Non dimentichiamoci che tra le rive del Tigri e dell’Eufrate vi era abbondanza di pesci.
Inoltre i Sumeri conoscevano birra, vino e olio.
Una dieta vegetariana
La dieta dei Sumeri era largamente vegetariana in quanto i bovini erano considerati animali da lavoro e macellati solo al termine della loro vita lavorativa. Il pesce, invece, veniva consumato normalmente.
Delle abitudini alimentari delle genti, che via via popolarono questo territorio, si conosce ben poco; sono rimaste, a testimonianza dei loro usi alcune tavolette scritte in accadico, risalenti al 1700 a.C., attribuite ai Babilonesi.
Su queste tavolette sono incise alcune ricette dei piatti più comuni. Da queste
traspare che si cercava di arricchire le pietanze con piante aromatiche, come samidu, porro, aglio, cipolla, cumino, coriandolo, shuhutinnu e surunno, che ne esaltavano i profumi ed i sapori.
La lavorazione dei cibi era anche dettata dalla necessità di conservarli o di renderli più igienici: la bollitura dei cibi ed in particolare delle carni, che venivano poi per lo più condite con olio di oliva o di sesamo, era molto diffusa. Per dolcificare alcune pietanze si usava il miele e la frutta secca.
Allevamento
I Sumeri allevavano tutte le specie animali: ovini, maiali, asini, bovini da cui ricavano latte; pare che mangiassero anche le cavallette.
Il pane
I Sumeri avevano imparato l’arte della panificazione; usavano circa 100 tipi di pane.
Può darsi che il pane fosse cotto per favorirne la conservazione ed il trasporto.
I Sumeri avevano scoperto, forse casualmente, che la fermentazione di frutta o cereali produceva delle bibite alcoliche dal sapore molto accattivante.
I banchetti
Il cibo veniva usato per rinsaldare legami sociali. I Sumeri organizzavano eventi importanti: matrimoni, costruzioni di templi, vittorie militari, ecc. – celebrati con sontuosi banchetti. Il più memorabile di questi, che durò ben 10 giorni, fu quello offerto nell’870 a.C. dal re Assurnazirpal II nella città assira di Kahlu ai suoi 69517 sudditi per festeggiare la ricostruzione del suo palazzo.
Da graffiti, si vede come gli abitanti della Mesopotamia facessero uso di primordiali utensili da cucina – pentole di terracotta – nonché di macine, per schiacciare i cereali, e di forni. Siccome l’unico utensile usato per tagliare e prendere le porzioni era il coltello, “portare a tavola” si diceva alla lettera “presentare al coltello”. Con tutti i cibi veniva bevuta tanta tanta …. birra. Infatti avevano scoperto il processo di fermentazione.




cibi e bevande





Una dieta vegetariana
La dieta dei Sumeri era largamente vegetariana in quanto i bovini erano considerati animali da lavoro e macellati solo al temine della loro vita lavorativa. Il pesce, invece, veniva consumato normalmente.
Delle abitudini alimentari delle genti, che via via popolarono questo territorio, si conosce ben poco; sono rimaste, a testimonianza dei loro usi alcune tavolette scritte in accadico, risalenti al 1700 a.C., attribuite ai Babilonesi.
Su queste tavolette sono incise alcune ricette dei piatti più comuni.
Da queste traspare che si cercava di arricchire le pietanze con piante aromatiche, come porro, aglio, cipolla, cumino, coriandolo, samidu, shuhutinnu e surunno (quest’ultime 3 erano altre piante aromatiche), che ne esaltavano i profumi ed i sapori.
La lavorazione dei cibi era anche dettata dalla necessità di conservarli o di renderli più igienici: la bollitura dei cibi ed in particolare delle carni, che venivano poi per lo più condite con olio di oliva o di sesamo, era molto diffusa. Per dolcificare alcune pietanze si usava il miele e la frutta secca.
I Magazzini Alimentari
I contadini non potevano tenere la maggior parte del raccolto visto che circa due terzi di questo veniva trasportato nei magazzini del tempio o del palazzo. La torre della ziggurat era utilizzata, oltre che come tempio, abitazione dei sacerdoti, osservatorio astronomico, come magazzino per le provviste alimentari che la popolazione consegnava al re sotto forma di tributo; questo era differente e proporzionale ai beni posseduti (terreni coltivati e numero di greggi).
Oggetto di scambi anche le carni , la selvaggina, il pesce fresco o affumicato o conservato sotto salature. Le tavolette sumeriche ci parlano del fenomeno della salinizzazione, dovuta all’acqua prosciugata, che, evaporando, lasciava il sale sul terreno.
Allevamento
I Sumeri allevavano tutte le specie animali: ovini, maiali, asini, bovini da cui ricavano latte; pare che mangiassero anche le cavallette.
Il pane
I Sumeri avevano imparato l’arte della panificazione; usavano circa 100 tipi di pane.
Può darsi che il pane fosse cotto per favorirne la conservazione ed il trasporto. I Sumeri avevano scoperto, forse casualmente, che la fermentazione di frutta o cereali produceva delle bibite alcoliche dal sapore molto accattivante.
I banchetti
Il cibo veniva usato per rinsaldare legami sociali. I Sumeri organizzavano eventi importanti: matrimoni, costruzioni di templi, vittorie militari, ecc. – celebrati con sontuosi banchetti. Il più memorabile di questi, che durò ben 10 giorni, fu quello offerto nell’870 a.C. dal re Assurnasirpal II nella città assira di Kahlu ai suoi 69517 sudditi per festeggiare la ricostruzione del suo palazzo.Da graffiti, si vede come gli abitanti della Mesopotamia facessero uso di primordiali utensili da cucina – pentole di terracotta – nonché di macine, per schiacciare i cereali, e di forni. Siccome l’unico utensile usato per tagliare e prendere le porzioni era il coltello, “portare a tavola” si diceva alla lettera “presentare al coltello”. Con tutti i cibi veniva bevuta tanta tanta …. birra. Infatti avevano scoperto il processo di fermentazione.
La birra
Le origini della birra, primo esempio di biotecnologia alimentare, sono antiche e risalgono probabilmente a circa 10.000 anni fa, quando l’uomo cominciò a coltivare i cereali.
L’orzo, molto coltivato in tutta la Mesopotamia per la sua maggiore resistenza rispetto agli altri cereali fu impiegato anche per la produzione della primordiale birra, una bevanda più densa rispetto a quella attuale.
Le prime testimonianze nella storia della preparazione di una bevanda simile alla birra da parte dei Sumeri sono datate all’incirca a 6.000 anni fa.
Si narra che il processo di fermentazione fu scoperto per puro caso; sebbene nessuno sappia con precisione come accadde, si suppone del pane o del grano macinato fu lasciato per sbaglio ad inumidire.
Successivamente il pane cominciò a fermentare trasformando la mollica in una pasta inebriante.
Un bassorilievo sumero riporta la descrizione del processo di creazione della birra; si può notare dell’orzo, del pane cotto e successivamente inumidito nell’acqua per formare una poltiglia ed infine una bevanda con la proprietà di “fare stare bene chi la beveva”.
Alcuni test condotti su brocche antiche in ceramica hanno confermato che la birra è stata prodotta per la prima volta circa 10.000 anni fa nell’area dell’attuale Iran, primo processo della fermentazione.
Una tavoletta sumera di 6.000 anni fa che ritrae persone intente a bere una bevanda con cannucce di paglia da una brocca condivisa.
I Sumeri offrivano la birra in dono agli Dei; è stata scoperta una poesia sumera, datata circa 3900 aa. fa, che è un vero e proprio inno alla dea della birra Ninkasi, il cui testo altro non è che la ricetta su come produrre birra a partire dall’orzo per mezzo del pane.





economia e commercio dei sumeri

Economia e commercio dei Sumeri





L’economia e il commercio dei sumeri.

Questo popolo fu una grande civiltà di agricoltori infatti nonostante il clima molto arido essi riuscirono a sfruttare il terreno molto fertile.



Metodi adottati per controllare l’acqua

I Sumeri sapevano di avere una grande opportunità ad avere molta acqua a disposizione, però sapevano anche che l’acqua poteva distruggere tutti i campi all’ora iniziarono a costruire dighe e argini. In più sapendo che il clima arido provocava siccità iniziarono a costruire cisterne e bacini.



Cosa producevano i sumeri nei campi.

Nei loro campi i sumeri producevano orzo, cipolle, porri, legumi e molte specie di albero da frutto come di fico o di albicocca.

I sumeri però non erano solo agricoltori ma erano anche allevatori, soprattutto di ovini e bovini. È proprio grazie a questi animali che producevano molto latte e vari tipi di formaggi.


la società sumera

la società sumerica





La società: nella Società Sumerica, esistevano sostanzialmente Tre Classi Sociali, quella Alta, quella Media e quella Bassa, più ca condizione di Schiavitù; La Classe Alta non pagava i tributi ma era tenuta a presentare al Re, periodicamente, dei Doni. La Classe Media, la Borghesia, che era la vera ricchezza del Paese, pagava le tasse e doveva fornire periodicamente mano d’opera per i Lavori Pubblici. La Classe Bassa era formata dagli Agricoltori e dai Pastori che conducevano un tenore di vita molto basso, senza avere alcun peso politico nella gestione della Città.


La condizione delle donne: sembra che le Donne Sumere fossero riconosciute come “Persone Giuridiche” che potevano possedere e gestire proprietà terriere e attività commerciali in proprio; potevano essere Scriba e Sacerdotesse fino al grado di Gran Sacerdotessa di Inanna, godendo di grande prestigio e potere. Le Principesse Reali, gestivano il Palazzo, avevano una propria rendita e un proprio sigillo.


L’educazione le Scuole Sumere (Edubba), probabilmente le prime scuole dell’umanità (III millennio a.C.), erano, inizialmente, dedicate ad una istruzione finalizzata al Sacerdozio, ma in seguito, assunsero un aspetto più laico al servizio di chi poteva permettersi i “Costi dell’Istruzione”. L’Ummia, era il Padre della Scuola, una sorta di preside, gli Insewgnanti erano detti i Fratelli Maggiori e gli Alunni erano i Figli della Scuola; esistevano, inoltre, gli addetti alla disciplina che si occupavano delle Punizioni Corporali per i più indisciplinati. I Programmi DScolastici erano basati sulla conoscenza della Scrittura e della Grammatica, che veniva imparata a memoria e, successivamente, sulla conoscenza dei Testi letterari.


La vita quotidiana: le opere statuarie, i bassorilievi e i numerosi reperti archeologici pervenutici, hanno fornito un’idea sufficientemente precisa di come si vestivano gli antichi Sumeri; le donne di alto rango, portavano lunghe tuniche di lino o lanaa secondo della stagione, si truccavano e si ornavano di gioielli in argento, rame e pietre preziose. Gli uomini più importanti, indossavano gonne lunghe fino alla caviglia decorate con ciuffi e frangiature di lana, si rasavano il cranio e portavano lunghe ed elaborate barbe profumate con oli aromatici. Tutti, tranne i più ricchi, camminavano scalzi, i Re e i Sacerdoti indossavano dei copricapi e le donne portavano i capelli intrecciati e avvolti attorno al capo. Le abitazioni erano costruite in argilla a uno o più piani a seconda dello stato sociale, possedevano un cortile interno che prendeva luce da una apertura sul tetto a terrazza, che poteva anche essere abitato. I mobili erano quelli essenziali, il letto, le sedie, le ceste che contene3vano, utensili, abiti e biancheria varia.


L’esercito i primi scenari di guerra pervenutici, appartengono al Periodo di Uruk, quando le Armate Sumere erano principalmente formate dalla sola Fanteria, armata di Lance e Archi semplici; con l’avvento del Bronzo (III millennio a.C.), nacquero Spade, Asce e Elmi e furono introdotti i Carri da Guerra trainati da Asini (Onagri) con a bordo un Auriga e un Lanciatore di Giavellotti. Nella metà del II millennio a.C., i Carri da Guerra, più leggeri, vennero trainati da Cavalli, introdotti dal vicino Egitto, mentre per una vera Cavalleria, si dovrà aspettare gli Assiri.

Le classi sociali presso la società sumerica







Classi Sociali

Livello

Soggetti e Funzioni

REGALE

SACERDOTALE

FUNZIONARI

NOBILI

SCRIBI

ALTO

Il Re governava la Città-Stato

I Sacerdoti, consigliavano il Re e governavano i Templi

Erano addetti alla riscossione dei Tributi

Erano i Proprietari Terrieri e gli Ufficiali Militar
i
Erano gli Addetti alla trascrizione degli Atti Amministrativi

MERCANTI

ARTIGIANI

COMMERCIANTI

GUERRIERI

MEDIO

Erano Privati Cittadini che importavano ed esportavano Merci

Erano Privati Cittadini che producevano Manufatti

Erano Privati Cittadini che praticavano il “Baratto” nei Mercati

Erano i Soldati che erano impegnati nella difesa della Città e nelle Guerre

CONTADINI

I PASTORI

BASSO

Erano Privati Cittadini, che non possedevano la Terra, ma la lavoravano

Erano Privati Cittadini che lavoravano per i Proprietari delle Greggi

SCHIAVI

SCHIAVITU’

Erano Prigionieri di Guerra o Debitori Insolventi




La nascita e caduta della civiltà sumera

La nascita e caduta della civiltà sumera

Avvertimento





purtroppo erano presenti delle note che ho perso, quindi potrete trovare dei numeri all’interno del testo, non fateci caso.










Origini del nome





Il termine “Sumero” è in realtà il nome dato agli antichi abitanti della Mesopotamia dai loro successori, il popolo semitico degli Accadi. I Sumeri, (o Shumeri da Shumer) infatti, chiamavano se stessi ùg sag gíg ga (/u? sa? gi ga/), letteralmente “la gente dalla testa nera”[3] e la loro terra Ki-en-gir, “terra dei signori civilizzati” o secondo altri autori “terra della lingua civile”[4][5]. La parola accadica Šumer (Sumer) utilizzata per indicare la terra dei Sumeri rappresenta, forse, lo stesso concetto, ma non è comunque noto perché gli Accadi abbiano chiamato questa terra Šumer[5][6]. Il biblico Shinar, l’egiziano Sngr e l’ittita Šanhar(a) potrebbero essere delle varianti occidentali per la parola Šumer. La Bibbia dei Settanta a sua volta rende il nome Shinar come Sennaar in greco.




Origine e Provenienza dei Sumeri.





La terra di origine dei Sumeri resta ancora oggi sconosciuta, ma di una cosa si è certi: i Sumeri non erano una popolazione di stirpe semitica. Oltre a questo è ben noto che essi non furono né il primo né l’unico popolo ad abitare le terre fra il Tigri e l’Eufrate, ma che presero il posto, o meglio si integrarono, con i complessi culturali di ‘Ubaid e di Uruk, gente semita che già abitava queste terre e aveva raggiunto un discreto sviluppo tecnologico e organizzativo.

Per quanto riguarda il luogo di provenienza dei Sumeri, esistono varie teorie. Le prove archeologiche dimostrerebbero che intorno al 4000 a.C. i Sumeri vivessero sui monti a nord della Mesopotamia (monti Zagros), nell’altopiano iranico, vicino l’attuale confine con la Turchia. Attorno al 3500 a.C. questa popolazione sarebbe scesa dai monti per occupare la bassa Mesopotamia, alla confluenza del Tigri e l’Eufrate. Altri studiosi hanno invece cercato somiglianze fra la lingua sumerica e gli antichi dialetti turchi e lingue indocinesi, ma nonostante gli sforzi fatti, l’origine dei Sumeri resta ancora incerta. Infine alcune allusioni letterarie sembrano invece indicare che i Sumeri provenissero dal mare.

Ha poco senso chiedersi quando i Sumeri arrivarono in Mesopotamia, anche per il fatto che non si è sicuri che il loro “arrivo” sia stato un fenomeno migratorio precisamente databile[7]. Molto più probabilmente si trattò di un’infiltrazione graduale e lenta che, come detto, portò all’integrazione con le culture locali; etichettare come “sumerica” la successiva cultura che ne originò è sì legittimo, pur sempre ricordandosi che si tratta di una semplificazione.
L’analisi del lessico sumerico è una riprova del fatto che la cultura sumerica ebbe origine da più complessi culturali integrati. Ad esempio i nomi delle città sumeriche non hanno senso nella lingua sumerica e invece presentano analogie con i nomi delle città della Mesopotamia settentrionale, corrispondenti alla civiltà di ‘Ubaid. Molti termini relativi alle funzioni produttive di base (ad esempio i vocaboli che si riferiscono alla fabbricazione della birra, l’agricoltura, il cuoio, le costruzioni ecc.) non sono di origine sumerica, ma da attribuirsi ad una lingua di sostrato, con probabili connessioni nell’area iranica[7], mentre vocaboli che si riferiscono a funzioni più specialistiche e di tipo direttivo-amministrativo sono di chiara origine sumerica. Ad esempio sono di origine sumerica vocaboli inerenti all’allevamento, alla navigazione, alla scultura, all’educazione e al diritto (le tavolette riportano i più antichi contratti di compravendita, registrati presso il tempio, con prezzo in mine d’argento, altre ci dicono che la stele di Hammurabi non è la prima raccolta di leggi, ma c’erano già state quelle di Ur-Nammu e di Lipit-Ishtar, che tratta la donazione e la successione).[7] Infine molte altre parole relative alle funzioni di mobilità e controllo sono di origine semitica.

Schematizzando, i Sumeri, dopo il loro arrivo, si ritrovano a convivere e ad integrarsi con due popolazioni: i Semiti, che erano più rilevanti nelle zone del nord, e una popolazione di sostrato autoctona non sumerica. I Sumeri si stabilirono soprattutto nella bassa Mesopotamia, territorio dove sorsero le loro maggiori città.




Descrizione geografica della Mesopotamia





a particolarità di questa regione è costituita dai due fiumi, il Tigri e l’Eufrate, da cui deriva il nome che infatti vuol dire “terra in mezzo ai fiumi” che la attraversano fino a congiungersi nella zona paludosa in prossimità della foce. Il corso di questi due fiumi si è modificato nel corso dei millenni, soprattutto per l’Eufrate che si è spostato verso occidente. In questa regione le piogge sono a carattere stagionale e ciò comporta inondazioni in inverno e in primavera, intervallate da lunghi periodi di siccità, durante i quali i due fiumi possono rimanere in secca. Il problema dell’acqua fu quindi una delle maggiori preoccupazioni per il popolo sumerico e di conseguenza una delle principali cause all’origine degli scontri fra le varie città mesopotamiche.



La nascita delle città-stato





A partire dal periodo protodinastico (circa 2900 a.C.) i Sumeri erano divisi in varie città-stato indipendenti sorrette da una monarchia assoluta, che esercitavano il loro potere su un territorio di circa 30 km di diametro[8] e i cui confini erano solitamente definiti da canali. I due edifici più importanti di ogni città erano il tempio, solitamente dedicato ad uno specifico dio, e un “palazzo”, sede del potere “statale”.

La centralità del tempio è evidente fin dagli esordi della civiltà sumerica (periodo di Uruk; circa 3500 a.C.), essendo inizialmente sia centro religioso che economico ed organizzativo.[9] In particolare nel tempio, oltre alle cerimonie religiose, venivano raccolte ed amministrate le eccedenze alimentari grazie alla presenza di magazzini, archivi ed ambienti di lavoro. A partire dal periodo proto-dinastico, il tempio, però, inizia a perdere il suo ruolo centrale per quanto concerne il potere decisionale ed organizzativo a scapito del palazzo, nonostante continui a mantenere le sue funzioni religiose e anche quelle economiche[10]. Questo fu un avvenimento di grande importanza: da una classe dirigente “sacerdotale”, tendenzialmente “anonima” in quanto rappresentante del dio e che quindi non necessitava di legittimazione, si passò ad una classe dirigente “laica”, che aveva invece la necessità di legittimare e affermare il proprio potere di fronte agli occhi del popolo e agli altri pretendenti al potere.

Le città sumeriche (la più grande era Uruk le cui dimensioni superavano di gran lunga Atene dell’età di Pericle; perciò è stata la prima metropoli a vocazione commerciale e proto industriale per le fonderie di metallo organizzate a catena di montaggio) entrarono ben presto in competizione, soprattutto per il controllo e l’amministrazione della rete dei canali, indispensabili per drenare le acque in eccesso e al tempo stesso distribuirle alle zone più lontane.[11] La costruzione di un nuovo canale o la deviazione di un tratto di canale “a monte” andava, ovviamente, ad influire su quelli “a valle”, con ingenti ripercussioni per le varie città. I primi canali a carattere locale vennero costruiti già nell’epoca di ‘Ubaid, ma è solo dal IV millennio a.C. che si assiste ad opere più ingenti, che collegano più città permettendo lo sviluppo del trasporto fluviale.[12]

Le varie città-stato, controllavano un territorio che si estendeva anche al di fuori delle mura, integrando i villaggi circostanti. La popolazione dei villaggi doveva contribuire all’accumulazione degli alimenti cedendo una parte della produzione agricola e fornire mano d’opera (corvée) oltre che militare in caso di bisogno.[13]




La storia dei sumeri





Non è semplice riassumere le vicende storiche che hanno caratterizzato la civiltà sumerica, soprattutto per le fasi più antiche. In primo luogo perché (almeno inizialmente) non è mai esistito un vero e proprio stato sumerico, ma solamente varie città-stato indipendenti che lottavano fra loro, nonostante fossero legate da una base culturale comune; in secondo luogo per la scarsità di fonti archeologiche e testi scritti, oltre alla difficoltà nel condurre gli scavi in luoghi ancora oggi poco sicuri.



Il periodo di ubaid





Le principali innovazioni tecnologiche e socio-culturali che caratterizzano la civiltà sumerica, fra cui l’urbanizzazione, non sono state portate con sé dai Sumeri, ma progressivamente elaborate sul posto a contatto con le culture locali. Esistevano vari complessi culturali in Mesopotamia precedenti l’arrivo dei Sumeri, che probabilmente giunsero in quel lasso di tempo che va dall’inizio del periodo di ‘Ubaid alla fine del periodo di Uruk.

Il processo di urbanizzazione inizia nel cosiddetto periodo di ‘Ubaid (circa 4500-3500 a.C.). I centri principali in questa fase sono soprattutto: Eridu e Ur nel profondo sud mesopotamico.[18] Questa fase si caratterizza dunque per una generale tendenza alla centralizzazione che porterà alla nascita di aggregati socio-economici e politici molto più complessi dei precedenti villaggi neolitici che caratterizzavano le culture anteriori; questo porterà, ad esempio, alla costruzione dei primi canali che permettono di controllare le piene e ridistribuire l’acqua.[19] Inoltre sin dal 3800 a.C. . I Sumeri costruivano case, palazzi e edifici religiosi con mattoni di argilla rinforzata con canne, rendendo in questo modo più solide le costruzioni.[20]



Periodo di uruk





Attorno al 3500 a.C. si conclude il periodo ‘Ubaid e inizia il periodo di Uruk (circa 3500 a.C.-3100 a.C.). Non c’è una rottura tra queste due fasi, in quanto lo sviluppo tecnologico e organizzativo prosegue sulla stessa linea,[21] ma vi è un mutamento nel tipo di ceramica distintivo del periodo (da ceramica dipinta ad una di tipo lustrato). In questa fase il sito guida si trova sempre nel sud della Mesopotamia, ma passa dalla città di Eridu, ad Uruk, mentre nel nord assume un ruolo primario Tepe Gawra. Il periodo di Uruk segna l’ormai avvenuto passaggio alla città; le prove di questo sono varie: la cinta muraria di Uruk che si sviluppa su una lunghezza di 9 km, l’uso dei “calculi” (strumenti per la gestione contabile), la produzione massiccia di ceramica ottenuta attraverso torni e stampi che indica una richiesta molto forte da parte di committenti extrafamiliari.[14] È sempre in questo periodo che il “tempio”, assieme alle sue strutture economiche e dirigenziali, conosce un potenziamento che lo porterà, per ora, a divenire il principale centro di potere (risalgono a questo periodo i primi importanti resti templari delle città di Uruk, Ur e Tepe Gwara).[22]

Questo lungo processo, spesso denominato “rivoluzione urbana”, porta a vasti mutamenti dal punto di vista demografico, tecnologico e socio-economico. Sebbene le città del nord e del sud della Mesopotamia raggiungano lo stesso livello tecnico e organizzativo, quelle meridionali sono avvantaggiate grazie ad uno sviluppo agricolo più intenso, garantito dai vasti territori pianeggianti drenati attraverso l’uso dei canali. Semplificando, l’accumulo di eccedenze alimentari consente un aumento demografico e l’origine delle città significa anche origine dello Stato con l’ovvia nascita di una dirigenza politica e di altre figure specialistiche che portano a una più netta stratificazione socio-economica. Agli sviluppi socio-economici, si affiancano quelli tecnici e culturali: la presenza di emittenti pubblici (il palazzo e il tempio) assicurano una grande quantità di lavoro che porta a far prevalere la quantità sulla qualità e quindi allo sviluppo di nuove tecniche lavorative.[23] L’aumento degli scambi commerciali porta ad un uso più frequente del metallo, soprattutto rame e, verso la fine del periodo di Uruk, anche del bronzo.[24] Ma l’aumento degli scambi commerciali fa anche sorgere la necessità, da parte del tempio e del palazzo, di garantire la correttezza delle operazioni e di mantenere un archivio degli scambi e delle spese, portando in questo periodo alla nascita della scrittura cuneiforme, da molti ritenuta la prima vera forma di scrittura.[2]


Periodo protodinastico





Con il periodo proto-dinastico si entra ufficialmente nella Storia propriamente detta, grazie alla presenza di una documentazione scritta. Questa è scarsa e solamente di carattere amministrativo nel primo periodo (Proto-Dinastico I; circa 2900-2750 a.C.), mentre diviene più consistente e anche di carattere storico-politico nelle fasi successive (Proto-Dinastico II-III; circa 2750 a.C.-2350 a.C.).

Dopo una prima fase dominata dalla città di Uruk (periodo di Gemdet Nasr; circa 3100-2900 a.C.) e la parentesi recessiva del Proto-Dinastico I, le varie città dell’alluvio mesopotamico ebbero uno sviluppo demografico, economico e militare simile, divenendo vere e proprie città-stato indipendenti in perenne lotta fra loro[25]: a sud Uruk, Ur, Eridu, leggermente più ad est Lagash e Umma, in zona centrale Adab, Shuruppak e Nippur, a nord Kish, Eshnunna e Mari.[26].

Nella prima fase del Proto-Dinastico il tempio continua ad essere il principale luogo di potere e ogni città ha una propria divinità protettrice. Ma si assiste anche alla nascita di nuove forme di religiosità, con l’affermarsi di varie divinità e la costituzione di pantheon specifici per ogni città.[26] Dal Proto-Dinastico II compaiono però, come già detto, i primi palazzi, che testimoniano il passaggio a nuove forme di governo che si liberano, in parte, del giogo templare.

Le città sumeriche entrarono ben presto in competizione, soprattutto per il controllo e l’amministrazione della rete dei canali, indispensabili per drenare le acque in eccesso e al tempo stesso distribuirle alle zone più lontane.[11] La costruzione di un nuovo canale o la deviazione di un tratto di canale “a monte” andava, ovviamente, ad influire su quelli “a valle”, con notevoli ripercussioni per le varie città.

Una fonte molto importante per ricostruire le prime dinastie è la “lista reale sumerica”, sebbene non sia del tutto attendibile per le dinastie più antiche, da un lato per la sua parzialità nelle scelte delle dinastie da rappresentare, dall’altro perché dinastie coeve vengono spesso poste in successione.[27] La lista, come molte altre liste arcaiche, è divisa in due parti: la prima riporta i nomi di sette re antecedenti il diluvio, probabilmente di origine mitica e con regni dalla durata lunghissima (oltre 100, 150 anni). La seconda parte continua con le seguenti parole:
«Dopo che il Diluvio spazzò via ogni cosa e la regalità fu discesa dal cielo, il regno ebbe dimora in Kish.»

In effetti il primo re sulla lista il cui nome è conosciuto anche da altre fonti indipendenti è quello di Etana, tredicesimo re della prima dinastia di Kish. Inoltre le prime iscrizioni regali ritrovate appartengono a Enmebaragesi, ventiduesimo e penultimo re della dinastia di Kish, il cui nome è anche accennato nell’epopea di Gilgamesh.




La dinastia di lagash





La Lista reale sumerica censura del tutto una delle dinastie sicuramente più importanti: la dinastia Lagash. Questa dinastia è nota grazie a importanti ritrovamenti di monumenti ed iscrizioni reali. Fu fondata attorno al 2500 a.C., e il terzo re della dinastia, Eannatum (circa 2450 a.C.), riunì sotto il suo potere l’intero Sumer, conquistando le città di Kish, Uruk, Ur e Larsa e riducendo Umma, acerrima rivale di Lagash, a città tributaria; le sue gesta sono incise sulla famosa “Stele degli avvoltoi”.[28]

Con Eannatum si aprì un periodo di violenta lotta interna tra il potere reale e la casta sacerdotale. Fu solo grazie a Urukagina, nono re della dinastia, che il potere dei sacerdoti venne notevolmente ridotto. Urukagina distrusse la vecchia burocrazia, risanò l’economia, si avvalse di funzionari di controllo, istituì un primo codice legale e diede vita a una sorta di programma di interventi sociali, che tra l’altro contemplava la protezione e l’assistenza alle vedove e agli orfani.

In seguito Lugalzaggesi, re di Uruk (precedentemente re di Umma), detronizzò Urukagina e sottomise la città di Lagash. Lugalzaggesi conquistò anche Ur, Larsa, Umma, Nippur, portando sotto il suo potere tutta la bassa Mesopotamia. Tuttavia nelle sue iscrizioni egli afferma di regnare dal “mare inferiore” al “mare superiore”, intendendo dal Golfo Persico al Mar Mediterraneo; probabilmente egli raggiunse effettivamente il Mediterraneo, ma solo attraverso alleanze, visto che città intermedie come Kish, Mari ed Ebla non gli furono sottomesse.[29] Il potere di Lugalzaggesi non era poi così profondo e radicato nemmeno nella bassa Mesopotamia, visto che dopo la sconfitta subita, Urukagina continuò ad emettere proprie iscrizioni, chiaro segno che aveva conservato un qualche potere.



Dinastia accadica: la creazione del primo impero sumero





Il violento regno di Lugalzaggesi fu presto abbattuto da Sargon il Grande (2335-2279 a.C.), re degli Accadi, popolazione semitica stanziatasi poco a nord della bassa Mesopotamia. Sargon in una prima fase conquistò tutte le principali città sumeriche unificando la Mesopotamia sotto il suo dominio. Nelle sue iscrizioni si vanta di «aver vinto 34 battaglie e sottomesso 50 ensi» e di«aver lavato le sue armi insanguinate nel mare inferiore».[30] Nonostante queste numerose vittorie, egli non era ancora riuscito a creare un impero che si estendesse dal Mediterraneo al golfo Persico, visto che il regno di Mari restava indipendente. In una seconda fase Sargon si dedicò all’ampliamento e al rafforzamento delle rotte commerciali con spedizioni fino a Magan (attuale Oman) e Melukka (valle dell’Indo).[30] In una terza fase riprese gli scontri, soprattutto con alcuni regni confinanti ad occidente: l’Elam e Barakhshi. I figli e successori Rimush e Manishtusu risolsero alcune rivolte scoppiate nelle città sumeriche e condussero alcune spedizioni contro popolazioni confinanti.

Con il nuovo successore Naram-Sin l’impero accadico toccò il culmine della sua espansione. Egli condusse alcune importanti spedizioni a nord e a nord-ovest, riuscendo dapprima a sottomettere il paese di Subartu (corrispondente in sostanza all’alta Mesopotamia; Assiria inclusa) e quindi a sconfiggere il potente regno di Ebla.[31] Con queste vittorie Naram-Sin riuscì finalmente a realizzare un impero che si estendeva dal mare inferiore al mare superiore, considerato così significativo sul piano ideologico fin dai tempi proto-dinastici. È da questo periodo che il titolo di “re delle quattro parti della terra” entra nella titolatura reale.[32] Dopo Naram-Sin l’impero accadico entra in una fase di lenta decadenza, fino a quando scompare definitivamente per l’invasione dei Gutei, una popolazione nomade scesa dai monti Zagros.

Sotto la dinastia accadica avviene un importante cambiamento per quanto riguarda la struttura e la gestione dell’impero grazie all’istituzione di un forte governo centrale, con capitale Akkad. Il governo delle città sumeriche è lasciato ad ensi locali[33], ma questi dipendono strettamente dal re di Akkad. Avviene inoltre un’importante cambiamento sul piano ideologico: il re non è più visto come semplice amministratore da parte della divinità, ma esso stesso diventa una sorta di divinità che controlla l’impero: Naram-Sin sarà, infatti, il primo re ad auto-proclamarsi dio. Sono da ricercare anche in queste nuove ideologie politiche e religiose le cause delle numerose ribellioni da parte delle città sumeriche durante il regno accadico.

Resta comunque errato credere che con l’avvento di Sargon vi sia un’affermazione dell’elemento semitico su quello sumerico: infatti vi erano Semiti in Mesopotamia già nel periodo proto-dinastico e i re accadici non trascurarono mai le usanze sumeriche, anzi molto spesso cercarono un’integrazione o un compromesso fra le due culture.[34] Nonostante ciò è indubbio che la presenza semitica alterò la situazione complessiva: iniziano ad apparire testi ed iscrizioni in accadico che prendono il posto della scrittura sumerica e, soprattutto, vi è uno spostamento del potere politico-amministrativo verso nord (luogo di provenienza degli Accadi, e sede della loro capitale Akkad).




L’invasione dei gutei





Verso il 2190 a.C. l’impero accadico, già debole per la disorganizzazione degli ultimi re accadici e la vastità del territorio che impediva un controllo efficace, fu invaso dai Gutei, popolazione montanara proveniente dai monti Zagros. I Gutei, barbari e poco civilizzati, depredarono tutte le città trucidando le popolazioni e distruggendo la capitale Akkad.

Durante questo lasso di tempo non fu più presente un governo centrale. La lista reale sumerica fornisce un lungo elenco di re gutei, dei quali non sappiamo praticamente nulla, vista l’assenza di tracce epigrafiche e culturali in genere.[35] È chiaro quindi che i Gutei non segnarono in modo profondo la cultura sumerico-accadica, anche per il semplice fatto che il loro centro di potere restò sempre sulle montagne permettendo alle città sumeriche del sud di mantenere una certa indipendenza.



periodo neo-sumerico





L’invasione dei Gutei non fu così devastante; come accennato le città del sud sumerico mantennero la loro indipendenza e si distinsero per un’intensa attività culturale. Abbiamo una numerosissima documentazione soprattutto per quanto riguarda la dinastia di Lagash. Fra gli ensi di questa città si evidenzia in particolare Gudea, per la grande quantità di testi letterari e di statue votive a sua immagine, che ne fanno il re sumerico più famoso.[36] Egli fu un re pacifico, che si dedicò alla costruzione di numerosi canali, edifici e templi, di cui il più famoso è l’E-ninnu, il tempio del dio Ningirsu, costruito con la collaborazione di altre città, senza badare a spese.[37]

La grande libertà lasciata alle città del sud sumerico, spiega perché la dominazione gutea sia durata circa un secolo. Nel 2120 a.C. il re Utukhegal di Uruk (2120-2112 a.C.) sconfisse e scacciò, con una sola battaglia, l’esercito dei Gutei guidato da Tirigan, che fuggì nella città di Dubrum dove venne poi assassinato.[38] Si dissolse così il dominio guteo, senza lasciare tracce significative.

L’impero della terza dinastia di ur





Utu-khegal fu sconfitto a sua volta da Ur-Nammu di Ur che fondò la Terza dinastia di Ur assumendo il titolo di “forte, re di Ur, re di Sumer e di Akkad”[38]. Questa dinastia governò poco più di cento anni dando vita a un periodo di pace e prosperità e arrivando a controllare un territorio esteso quanto quello dell’impero accadico. Ma la vera novità del regno della Terza dinastia di Ur non stava tanto nelle sue dimensioni ma nella sua organizzazione. Il potere si fondava su una struttura fortemente centralizzata, rappresentata da un massiccio apparato burocratico. In ogni città venivano collocati ensi di fiducia, che amministravano per conto del re. Tutte le città della bassa Mesopotamia persero quindi la loro millenaria autonomia.

Ur-Nammu, come Gudea, fu re pacifico e a lui si deve la ricostruzione monumentale della città di Ur e di altre città, oltre al rifacimento di strade, canali, la costruzione di templi e varie ziqqurat in diverse città: Ur (ziqqurat di Nanna), Uruk, Eridu e Nippur.[37] Sotto il suo regno fu dato grande impulso alla cultura sumerica e Ur-Nammu è entrato nella storia anche per aver emanato il primo codice di leggi che si conosca. Questo aveva una chiara intenzione di uniformare il paese, introducendo misure standard per la capacità (sila) e il peso (mina e siclo) oltre alle varie indennità da pagare per ogni reato.[39]

Il regno della terza dinastia di Ur raggiunse il suo massimo splendore sotto il figlio di Ur-Nammu, Shulgi, che in un primo momento si dedicò ad opere di costruzione e amministrazione. La seconda metà del regno fu invece dedicata ad una serie di campagne militari a nord nell’alta Mesopotamia.[40]

I due figli e successori di Shulgi, Amar-Sin e Shu-Sin, continuarono le campagne militari nel nord, ma dovettero prestare sempre più attenzione alla forti pressioni delle tribù amorree (Martu) a nord-ovest e di Elam a sud-est. Per fronteggiare i Martu venne costruito un lungo muro poco a nord di Akkad.[41).




la caduta definitiva





La Terza dinastia di Ur si dissolse all’incirca nel 2000 a.C. quando sotto il regno di Ibbi-Sin l’impero entrò in crisi. La ribellione di varie città sumeriche, alcune difficoltà naturali (scarse piene del Tigri e dell’Eufrate con conseguenti carestie), incursioni da un lato dei Martu e dall’altro dei Gutei, indebolirono sempre più il regno, ridimensionando il suo territorio. Nonostante ciò, Ibbi-Sin riuscì a governare per venticinque anni dalla sua capitale Ur, fino a quando gli Elamiti, dopo un lungo assedio, distrussero la città mettendola a ferro e fuoco e portando a Susa il re stesso, che morì in esilio.[42] Il Lamento per Ur è un famoso testo sumerico inerente a questo avvenimento.

Dopo la caduta di Ur si ebbe il cosiddetto periodo di Isin-Larsa (circa 3000-1750 a.C.), durante il quale le città di Isin e Larsa estesero il loro potere su un vasto territorio. Vi è una sostanziale continuità con il periodo della III Dinastia di Ur, ma le due città non riusciranno mai ad eguagliare la gloria della terza dinastia di Ur[43]. Isin venne fortemente indebolita dagli attacchi di Larsa, ma ormai poco più a nord stava per nascere una nuova potenza, la città di Babilonia. Questa, sotto la guida di Hammurabi, conquisterà attorno al 1792 a.C. le città di Larsa, Eshnunna e Mari, dando vita all’impero babilonese. Da questo momento i Sumeri a poco a poco scompaiono: la loro lingua cade in disuso e l’elemento semitico predomina quello sumerico. Nonostante la scomparsa di uno stato e un potere sumerico, la cultura dei Sumeri sopravvive, soprattutto nella letteratura[43].



Le scoperte geografiche nel rinascimento

Le scoperte geografiche nel Rinascimento.





Queste informazioni sono state prese dal web e riadattate.




introduzione

A partire dalla metà del trecento si sviluppò in Italia un importante fenomeno culturale definito
Rinascimento, ricco di idee e di innovazioni che favorì la “rinascita” della società e della cultura. L’uomo uscì dalla lunga soggezione nei confronti della religione
e mise in risalto l’indipendenza delle attività artistiche, culturali, politiche, riscoprendo i valori del mondo classico, visto come modello da imitare.
Spazi nuovi, orizzonti diversi si aprirono, al punto che gli storici considerarono chiuso il lungo periodo del Medioevo ritenendo sia iniziata una nuova
epoca, chiamata Età moderna (1492 – 1789). La forma di Stato allora presente in Italia era quella delle Signorie. Uno dei meriti dei principi italiani
fu quello di diffondere il mecenatismo, ovvero di sovvenzionare gli artisti, cui affidavano il compito di celebrare il loro prestigio.

La crisi del Trecento che aveva travolto l’Europa, fu superata grazie a una congiuntura economica positiva (incremento dei traffici internazionali, consolidarsi delle monarchie
nazionali, aumento della produttività agricola).  Grazie alla floridezza delle Signorie e delle Repubbliche marinare, nel XV secolo l’Italia deteneva il
primato europeo dei rapporti con il resto del mondo allora conosciuto. I mercanti genovesi e veneziani avevano aperto e collaudato nel mediterraneo una
serie di rotte commerciali, lungo le quali raggiungevano le coste del Medio Oriente. Protagonista di questa ripresa fu la borghesia – formata da imprenditori,
banchieri, armatori e commercianti – che a poco a poco emerse come classe sociale autonoma e si impose come forza determinante e decisiva.
Al resto dell’Europa serviva individuare una nuova rotta che conducesse alle Indie: questa non poteva che essere la Circumnavigazione dell’Africa, impresa
che riuscì ai Portoghesi, che, avendo accumulato da tempo una profonda esperienza nella navigazione mediterranea, applicarono le loro conoscenze a quella
atlantica. Inoltre, vennero introdotte innovazioni determinanti nella navigazione, che permisero ai Portoghesi di costruire una flotta nettamente superiore
alle altre, superiorità che gli consentì la conquista di un vasto impero coloniale. E non va dimenticata la motivazione religiosa, che spinse centinaia
di cavalieri a seguire le orme di Vasco de Gama (che aveva ricevuto l’incarico di guidare la prima spedizione marittima verso le Indie). Quindi, in sintesi,
le cause determinanti per cui si cercava una nuova rotta per le Indie furono:
1.    Il desiderio di togliere ai Veneziani il monopolio dei commerci con i paesi orientali
2.    La sempre maggiore richiesta dei beni di lusso provenienti dall’Oriente
3.    La conquista da parte dei Turchi della zona del Bosforo – impossibilità del passaggio delle merci via terra dall’Asia all’Europa attraverso lo stretto
del Bosforo.



Scoperte geografiche nel 1400





Anche la Spagna entrò da protagonista nelle conquiste coloniali.
Con il matrimonio tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, si realizzò l’unificazione del Paese. Da loro,
Cristoforo Colombo
ottenne l’approvazione del suo progetto, ovvero raggiungere le Indie navigando verso ovest anziché verso est. Fu così che salpò con le tre caravelle e,
quando i marinai furono ormai allo stremo delle forze per un viaggio molto più lungo del previsto, comparve un lembo di terra: un’isoletta delle Bahamas
che venne battezzata El Salvador. Il viaggio era finito:
Colombo
era convinto di essere arrivato nelle favolose Indie, pertanto chiamò Indios gli abitanti del luogo. Quando Colombo tornò in Europa venne accolto trionfalmente
e non scoprì mai di aver raggiunto un nuovo continente. Il fatto che quello fosse un “Nuovo Mondo” fu la scoperta di
Amerigo Vespucci.

La presenza dei metalli preziosi nel Nuovo Mondo
determinò nei sovrani la volontà di impadronirsi del continente americano, affidando l’impresa ai conquistadores, che sottomisero le civiltà precolombiane,
sterminandole.
Maya:
vivevano nel Messico meridionale, i sacerdoti detenevano potere politico, costruivano templi a forma di piramide
Aztechi: vivevano nell’altopiano centrale del Messico, non conoscevano l’agricoltura, durante le cerimonie religiose compivano sacrifici umani
Incas: vivevano nella regione corrispondente a Perù, Bolivia ed Equador, realizzarono gigantesche opere di irrigazione, erano abili artigiani, l’imperatore
era considerato l’incarnazione del Sole

In questo periodo anche Inglesi, Francesi e Olandesi gettarono le basi per il loro grandissimi imperi coloniali. Essi, però, lasciarono in mano a delle
organizzazioni private lo sfruttamento di quelle terre. Queste organizzazioni ebbero una grande fortuna perché ottennero condizioni favorevoli dalla madrepatria
in cambio dell’esclusiva dei commerci fra madrepatria e colonie. Ciò permise in breve tempo alle compagnie mercantili di espandersi e di diventare delle
imprese economiche di rilevanza importante.



alcune esplorazioni e tentativi

Bartolomeo Diaz – Tentativo di circumnavigazione dell’Africa
Vasco de Gama

  • Circumnavigazione dell’Africa, fino alle Indie
    Cristoforo Colombo –
    Scoperta dell’America
    Ferdinando Magellano
  • Circumnavigazione del globo.

CONSEGUENZE DELLE SCOPERTE GEOGRAFICHE

Conseguenze delle scoperte geografiche. Le scoperte geografiche in breve tempo cambiarono radicalmente l’Europa e la sua economia, apportandoconseguenze
rivoluzionarie per la nostra storia. Dal punto di vista economico si ebbe:
1.    Lo spostamento dei traffici commerciali dal Mediterraneo all’Atlantico, con conseguente danno per quei paesi che invece erano stati protagonisti
del mare nostrum, in particolare dell’Italia.
2.    L’arricchimento degli stati bagnati dall’Atlantico, fino ad allora tagliati fuori dai traffici commerciali provenienti dall’oriente attraverso il
Mediterraneo.
3.    Lo sviluppo delle compagnie mercantili, che permisero l’accumulo di capitali che sarebbero stati riutilizzati per l’
industrializzazione del ‘700.

Le scoperte geografiche nel rinascimento

antico egitto: le abitazioni

I nobili vivevano in case molto spaziose, con terrazzi abbastanza grandi e giardini per fare grandi banchetti. Ciò era dovuto all’esigenza di alloggiare, oltre alla famiglia, anche un gran numero di persone da essa dipendenti. Erano quindi edifici di ampie dimensioni che componevano delle unità quasi autosufficienti. In un primo tempo gli ambienti erano distribuiti in modo casuale, senza ordine, mentre in una fase successiva vi fu una distribuzione più coerente e razionale. Nelle ville, che erano le abitazioni della classe dominante, vi era una distribuzione geometrica ed una organizzazione degli spazi basata su criteri di funzionalità: una parte dell’edificio era riservata alla vita intima, un’altra adibita a luogo di rappresentanza ed altri spazi destinati a funzioni accessorie. La casa di un grande funzionario o di un nobile aveva le pareti costruite con mattoni di fango che venivano dipinte talvolta a colori vivaci. Sebbene le case fossero costruite in mattoni crudi, i particolari del loro interno erano realizzati con altri materiali. Gli stipiti di porte e finestre, le spagnolette e i cardini erano di legno. La porta d’entrata dei nobili era ornata di bassorilievi simili a quelli che si trovavano sui templi. Appena varcata la porta d’ingresso, ci si trovava in un’ampia corte di forma rettangolare che per mezzo di due muri, era suddivisa in tre piccole corti d’uguali dimensioni. Ai lati di ciascuna corte si aprivano i vari locali della casa. La casa tipo di un funzionario era a più piani: il piano terra era destinato alle attività commerciali, il primo piano veniva utilizzato per il ricevimento degli ospiti mentre il secondo piano era occupato dalle camere da letto. Generalmente nei piani alti si trovavano le stanze della servitù. Sul pavimento c’erano larghe piastrelle dipinte con colori allegri. C’era una sala centrale di rappresentanza per ricevere gli amici le cui colonne erano spesso colorate di rosso o di rosa. Nelle pareti venivano disegnati fiori e frutti. C’era anche una stanza da bagno con pareti, pavimenti e lavabo in pietra. Gli ospiti accedevano alla villa attraverso un atrio e un vestibolo ed entravano nella grande sala di ricevimento dalle colonne dipinte. Il pavimento e il soffitto potevano essere dipinti con colori allegri. In generale l’arredamento della casa egiziana era molto confortevole: panche, stuoie e letti in vimini con poggiatesta ma solo per i più ricchi. Normalmente i mobili delle case dei ricchi riproducevano forme di animali come il leone, il toro, che avevano un valore sacro, o colli d’anatra e corpi di gazzelle. Vi erano poi cofani che servivano a riporre oggetti per uso personale domestico Le coperture erano per lo più piane e si raggiungevano con delle scale e proprio su tali coperture si svolgeva gran parte della vita degli abitanti. La terrazza sul tetto era fresca, spaziosa e anche tranquilla. Sul retro della villa c’erano dei silos: i granai, dove poter deporre il grano raccolto. Vicino a uno stagno crescevano molto in fretta fiori e piante. Uno degli alberi più apprezzati per il legno e l’ombra era la persea. C’erano anche stoviglie in terracotta fatte dagli artigiani che venivano vendute in città. Il retro della casa era riservato alla vita domestica: tra i locali destinati ai padroni quali stanze da letto, stanze da bagno e toeletta, c’erano anche i quartieri delle donne con, a volte, una saletta privata che solo le donne potevano frequentare. All’esterno della villa, vicino al muro del giardino, si trovavano le cucine, che portavano alle cantine sotterranee. Dalle cucine si accedeva alla stanza del forno, ai magazzini, alla dispensa, alle stanze della servitù. Sul cortile posteriore si aprivano le stalle, l’officina e il recinto delle oche. I silos dove veniva posto il grano erano nel cortile laterale che serviva anche da ingresso per i fornitori. La cisterna era in un angolo del giardino: una scala permetteva ai servi di raggiungere il livello dell’acqua. Le case della classe operaia erano costruite in mattoni ed intonacate con dipinti dai colori vivaci, erano composte da tre vani, in un solo piano, addossate le une alle altre, divise in file da strade, riempivano un’area rettangolare o quadrata all’interno di un muro cieco che delimitava il quartiere. Queste abitazioni non avevano un cortile interno da cui prendere luce, ma avevano delle finestrelle ubicate sulla copertura piana, che consentivano di illuminare i locali sottostanti. Le case del ceto medio erano di aspetto festoso per forma e colore e si aprivano sulla pubblica via mediante una porta che dava accesso ad un cortile centrale sul quale si affacciavano tutti gli altri locali. L’abitazione era spaziosa e qualche volta costruita su due piani. Sul fondo del cortile erano collocate le camere da letto e il soggiorno, che erano gli ambienti più spaziosi. Appoggiati al muro di cinta si trovavano invece i piccoli vani accessori: latrine, granai, cucine e dispense. La povera gente viveva in condizioni davvero miserabili, in capanne, divise una dall’altra da sentieri tortuosi interrotti da stagni dove veniva attinta l’acqua. Lì vicino, in un terreno incolto, venivano depositati tutti i rifiuti e le immondizie. Queste capanne erano costruite con terra o mattoni crudi rivestiti con intonaco di fango. Le più povere avevano una stanza sola o due stanze piccolissime; il tetto era di foglie di palma e così basso che un uomo di altezza media doveva stare attento a non sfondarlo con la testa. I poveri non chiudevano mai la porta perché non c’era niente da rubare; non c’erano sedie né letti ma solo qualche sgabello, un paio di casse dove era raccolta la biancheria, stuoie di giunco o di filamenti di palma che venivano utilizzati come letto e che avevano gli orli guarniti di punte per tenere lontani i temibili scorpioni. La sala da pranzo e la cucina erano un’unica stanza e vi si trovavano delle pietre piatte che servivano per schiacciare il frumento, una madia per il grano, l’olio ecc., una dozzina di vasi, scodelle. Appoggiato al muro c’era il focolare alla sommità del quale c’era un buco nel tetto per il fumo. Accendere il fuoco era un’impresa perché bisognava sfregare due schegge di selce finché una scintilla non accendeva delle foglie secche; per questo motivo si faceva di tutto per tenerlo acceso e si spegneva solo per la ricorrenza dei morti o se moriva qualcuno. Nelle case più povere c’erano mensole, scaffali ed armadi scavati nei muri o fatti con giunco e tessuto dallo stesso abitante della casa Nella capanna la divinità aveva il suo posto perché aveva il compito di tenere lontani gli spiriti maligni. Nelle ore buie per illuminare l’abitazione venivano utilizzate ciotole di ceramica riempite di olio su cui galleggiava uno stoppino in fibra vegetale. Per vedere di notte o al buio, si servivano di lampade a olio e di torce. Per riscaldarsi in casa durante le fredde notti dell’inverno ricorrevano a caminetti nei quali bruciavano carbone vegetale. Il carbone vegetale si faceva in carbonaie particolari. Esse consistevano in pozzi scavati nella terra. Al centro del pozzo veniva messa un’asta che andava dalla superficie al fondo. Intorno all’asta venivano accuratamente disposti rami intrecciati, sì da non lasciare alcuno spazio all’aria. Il tutto veniva ricoperto con erbe, giunchi e con uno strato di terra. Quando l’asta veniva estratta, attraverso il foro lasciato da questa si introduceva il carbone ardente. Una volta iniziata la combustione, si tappava il foro con della terra. Il catrame e l’acqua fuoriuscivano all’esterno, e la legna si trasformava in carbone.

antico egitto: come nasce, si sviluppa e decade

L’Egitto è naturalmente protetto dal mare Mediterraneo, dal Mar Rosso, dal deserto occidentale. La civiltà egizia si sviluppa nella valle del Nilo, che è lungo 6671 km (Omero lo chiamò il fiume caduto dal cielo). antico EgittoA Khartum (Sudan) il Nilo bianco si riunisce al Nilo azzurro, e dopo sei cateratte corre per circa 1200 chilometri fino al delta; ramo di Rosetta a est, ramo di Damietta a Ovest. Fino al V millennio a.C. il territorio è suddiviso in una moltitudine di regni e distretti autonomi l’uno dall’altro. Nel corso del IV millennio a.C. ci fu un lungo processo di unificazione dei regni che portò alla nascita di due distinti regni Alto e Basso Egitto. Il Basso Egitto è la regione pianeggiante vicino alle coste del Mar Mediterraneo a nord del paese. L’Alto Egitto è la regione montuosa a sud del paese. I due regni sono riuniti sotto un unico re nel 2850 a.C. ad opera del faraone Narmer (Menes). Con l’unificazione dell’antico Egitto viene unificata anche la capitale dell’intero regno nella città di Thinis nel Medio Egitto. Il periodo storico dalla nascita dell’Egitto (2850 a.C.) alla sua caduta (523 a.C.) è suddiviso in quattro epoche: Regno antico (2850 – 2050 a.C.) Regno medio (2050 – 1580 a.C.) Regno nuovo (1580 – 663 a.C.) Bassa epoca (663 – 525 a.C.) La società e l’economia egiziana sono determinate dalla presenza del fiume Nilo, dalle sue piene estive, a seguito delle piogge equatoriali, che provocano una inondazione ciclica delle terre circostanti lasciandovi sopra una sostanza, detta limo, che le rende fertili e coltivabili. Grazie a questo fenomeno naturale le popolazioni nell’antico Egitto godono di una elevata produttività agricola della terra e di un abbondante raccolto annuale. Il Nilo è uno dei fattori naturali determinanti per la nascita della civiltà egiziana. La regione gode anche di una particolare morfologia del territorio che la rende particolarmente protetta dalle invasioni con il mare a nord, il deserto ad ovest e a sud e un istmo molto stretto che collega la regione egiziana all’Asia. Il Basso Egitto è la regione settentrionale dell’Egitto, cioè la zona del delta del Nilo. Nel periodo dell’Egitto protodinastico, i diversi popoli che si sono stanziati nella zona si riuniscono in un unico regno. Il Basso Egitto è diviso in 20 distretti governati dai nomarca che hanno carica di funzionari. Nel 3000 a.C. il regno del Basso Egitto è unito al regno dell’Alto Egitto dal faraone Narmer, il primo sovrano della I dinastia. Nella storia dell’antico Egitto con Alto Egitto si intende tutta la zona meridionale dell’Egitto che inizia dalla prima cataratta del Nilo. Inizialmente si tratta di unità politiche autonome, e poi nel periodo dell’Egitto protodinastico (IV millenio a.c.) i distretti si uniscono nell’Alto Egitto come regno unico. L’Alto Egitto è chiamato anche Terra dell’Ape e si divide in 22 distretti. A capo di ogni distretto vi è un nomarca che riceve la carica o per eredità o per nomina del re. I nomarca sono relegati al ruolo di semplici funzionari nei periodi di forte autorità centrale mentre acquistano un marcato potere locale nei periodi di disgregazione. Il Regno antico è un periodo della storia dell’antico Egitto che inizia nel 2850 a.C. con l’unificazione dei regni dell’Alto Egitto e del Basso Egitto e termina con l’ascesa al potere della dinastia tebana. L’Egitto vede il suo periodo più fiorente tra il III ed il II millennio a.C., epoca in cui si sono successe ventuno dinastie di faraoni suddivise in tre periodi storici: Antico Regno (3000-2000 a.C.), Medio Regno (2000-1700 a.C.) e Nuovo Regno, (1570-1100 a.C.). Il Regno antico è suddiviso in due fasi: Periodo thinitico. Al periodo thinitico appartengono le prime due dinastie di faraoni. La capitale dell’antico Egitto è la città di Thinis da cui prende il nome il periodo. Le prime due dinastie di faraoni (le Tinite) hanno organizzato il regno dal punto di vista burocratico ed amministrativo. Periodo menfitico. Al periodo menfitico appartengono le successive otto dinastie di faraoni. La capitale dell’antico Egitto è la città di Menfi da cui prende il nome il periodo. Nel corso del Regno Antico sono realizzate le grandi Piramidi e la Sfinge. L’antico Egitto conosce il suo primo periodo di splendore ed alterne fasi di decadenza. Il territorio viene suddiviso in province amministrate da funzionari che rispondono direttamente al faraone. La ricchezza del sistema economico consente la costruzione delle grandi opere monumentali come il complesso funerario di Saqqara del faraone Zoser e le piramidi di Giza dei faraoni Cheope, Chefren e Micerino. Fu sotto Zoser, primo sovrano della terza dinastia, spartiacque tra Epoca Eneolitica ed Età Storica, che il centro amministrativo del paese è trasferito da Abido a Menfi. Per questo l’Antico Regno è detto anche Menfita. Il faraone nomina un collaboratore di fiducia nella figura di Imhotep, medico, astronomo, sacerdote, architetto. Anche se non portò mai il nome di visir, ne svolge le funzioni. A lui si deve la realizzazione della piramide a gradoni di Saqquara, sulla riva sinistra del Nilo, poco distante dalla capitale. E’ ormai quasi certo che Zoser si sia spinto con escursioni militari verso la Nubia e un’incisione rupestre attesta che le sue armate giungono nel Sinai ambìto per le sue miniere di pietre preziose. Se la fine della terza dinastia è avvolta nel mistero, altrettanto si può dire per la storia della quarta che pure annovera tra i suoi sovrani i costruttori delle grandi piramidi di Giza. Cheope, Chefren e Micerino sono meno conosciuti dei loro predecessori. Non si sa nulla delle spedizioni militari della dinastia, eccezion fatta per una spedizione nel Sinai ordinata da Cheope. Ma i monumenti sepolcrali di questo periodo stanno a dimostrare un’evoluzione della tecnica che solo una solida amministrazione politica avrebbe potuto indirizzare a esiti tanto maestosi. L’origine della quinta dinastia è al centro di un racconto in cui si narra che la moglie di un sacerdote di Ra avrebbe dato alla luce i primi tre sovrani, di cui lo stesso Ra sarebbe stato il padre. La vicenda attesta quanto in quest’epoca il culto del dio solare abbia progredito su quello degli altri dei e lascia supporre che il clero di Eliopoli abbia giocato un ruolo di primo piano nella designazione della nuova stirpe di sovrani. Da questo momento l’appellativo di “figlio di Ra” diviene attributo tradizionale del faraone. E’ in questo periodo che vengono compilati i Testi delle Piramidi mentre la religione solare ispira la costruzione di numerosi templi. In politica estera le ambizioni espansionistiche si rivolgono verso l’Asia. Il passaggio alla sesta dinastia si compie senza apparenti conflitti. Il faraone più noto è Pepi. Le biografie dei suoi più stretti collaboratori ci danno qualche informazione sulla sua vita privata. Sappiamo che presiedette alla costruzione di numerosi templi e fonti su papiro attestano il suo attivismo nella fondazione di opere pie. Pepi I provvede alla difesa militare della Nubia e organizza ben cinque spedizioni contro i beduini d’Asia. Se il suo diretto successore ha la sfortuna di morire dopo pochi anni di regno, le cose vanno diversamente per Pepi II il cui governo è i più lungo dell’Egitto. Sotto di lui frequenti sono le spedizioni commerciali a Biblos e nel Corno D’Africa, ma si manifestano anche evidenti i primi segnali della decadenza che interesserà il Paese nel Primo periodo intermedio. Se l’Antico Regno è il periodo dell’apogeo del potere dei faraoni, vere e proprie divinità in terra, quello in cui si pongono le basi di una civiltà i cui caratteri portanti si conserveranno per tremila anni, questa nuova fase è un’età di crisi politica, sociale ed economica. Carestie, torbidi, perdita di prestigio dell’autorità centrale del sovrano a vantaggio dello strapotere dei governatori ci sono noti da testi letterari successivi, ad aggravare la situazione sono probabilmente le incursioni straniere di provenienza asiatica. La povertà dilaga, la confusione domina fino a quando, intorno al 2100 a.C. circa,, ritroviamo l’Egitto unificato sotto l’autorità di Mentuhotep II, discendente dei governatori tebani del Sud. Il regno medio di Egitto è un periodo storico dell’antico Egitto compreso tra l’ascesa al potere di nobili di Tebe (2050 a.C.) fino alla cacciata degli Hyksos dal territorio egiziano (1580 a.C.). E’ un periodo di alterna fortuna conosciuto anche come “primo periodo tebano”. I faraoni tebani salgono al potere e riescono a risollevare l’Egitto dallo stato di decadenza in cui versava. Dopo la crisi dell’Antico Regno, causata dagli abusi dei governatori delle varie province, l’opera dei sovrani tebani riporta l’Egitto all’antico splendore. La capitale dell’Egitto viene spostata a Tebe. E’ ormai tempo di un generale ripensamento della politica tradizionale, bisogna mettere mano a un deciso e severo risanamento delle precarie condizioni economiche in cui l’Egitto versa, si tratta di conquistare nuovi consensi allargando ad altri, mediante il rito, la certezza della vita ultraterrena. In quest’età, molti partecipano alle cure tradizionalmente riservate al faraone, dei visir, dei funzionari di corte e le fonti rivelano chiaramente come questi ultimi non siano più scelti in base al ceto d’appartenenza, ma in virtù dello spirito d’iniziativa, dell’obbedienza, dell’abilità effettivamente dimostrata. A garantire rinnovata prosperità è il potenziamento dei commerci. La bonifica in corso delle paludi della zona del delta conquista nuova terra al lavoro del contadino. I sovrani della dodicesima dinastia tornano a stabilirsi nella zona di Menfi da cui possono governare il paese più facilmente. Sesostri III avanza da conquistatore fino in Palestina e consolida il possesso della Nubia grazie alla dislocazione nella regione di postazioni fortificate. Fortificazioni altrettanto potenti proteggono il Paese in prossimità dell’Istmo di Suez. Noti quali abili costruttori i faraoni della dodicesima dinastia si preoccupano di valorizzare il territorio e fanno del Fayyum una vera e propria oasi in prossimità della quale edificano la loro residenza. In questo periodo, di cui in architettura restano poche tracce, la statuaria e l’oreficeria raggiungono il loro apogeo, la letteratura produce un capolavoro Il Romanzo di Sinuhe e la lingua consegue una purezza che sarà modello per le epoche successive. A concludere il periodo del Medio Regno è una donna, la regina Sebekneferure. La sua successione viene messa in discussione, si scatenano lotte intestine di cui beneficiano gli Hyksos, alla lettera “i capi dei paesi stranieri”, insieme di tribù nomadi semite il cui insediamento nella zona del Delta è da porsi in relazione con un più vasto movimento di migrazione che interessa tutta l’Asia. E’ questo il Secondo periodo intermedio, non più lungo di duecento anni circa e nel corso del quale da una fase di piena soggezione ai nuovi avvenuti, l’EgHyksositto passa infine a una fase di riaffermazione di controllo del territorio. Sorprende il numero dei re che avrebbero governato il Paese in questa età, e d’altra parte la ricostruzione delle successioni è incerta e c’è persino da credere che le dinastie abbiano regnato in parallelo, alcune da Sud, altre da Nord, altre ancora dal centro in relazione all’evolversi della convivenza con i recenti conquistatori. Da loro gli Egizi apprendono la metallurgia del bronzo e soprattutto l’uso del cavallo e del carro da guerra, conoscenze che si riveleranno preziose nell’età successiva. Sembra inoltre che gli Hyksos, conquistato il Paese, si siano limitati a pretendere dai sudditi il pagamento di un tributo, ma non si siano affatto preoccupati di modificare l’amministrazione egizia che continuò a essere concepita alla maniera tradizionale. La riscossa viene dall’Alto Egitto e annovera come eroi Kames e suo fratello Ahmosis che, conquistata Avaris, la capitale degli Hyksos, e inseguiti gli avversari fin nella Palestina meridionale, fonda la diciottesima dinastia con cui ha inizio il Regno Nuovo. Il regno nuovo di Egitto è un periodo storico dell’antico Egitto compreso tra la cacciata degli invasori Hyksos (1580 a.C.) e l’ascesa della XXVI dinastia di faraoni (663 a.C.). Il superamento della crisi si deve sempre alla dinastia dei sovrani tebani i quali, tra il 1570 ed il 1085 a.C. sono riusciti nuovamente a riportare il regno agli antichi fasti. Il regno nuovo di Egitto è conosciuto anche come “secondo periodo tebano”. I faraoni tebani riconquistano il territorio occupato dagli invasori Hyksos per 150 anni, riportando al massimo splendore la civiltà egiziana. La politica espansionistica dei faraoni tebani estende il territorio egiziano fino alla Siria e alla Fenicia. Alcune città mesopotamiche (es. Babilonia) e l’Assiria riconoscono la supremazia egiziana e sono costrette a versare tributi nelle casse egiziane per evitare l’assoggettamento. E’ probabilmente il periodo di maggiore forza e vigore dell’antico Egitto. Nel regno nuovo di Egitto salgono al potere la XVIII e la XIX dinastia. I nomi dei faraoni di queste dinastie hanno segnato la storia dell’antico Egitto. Tra questi si ricordano, in particolar modo, i faraoni Tutmosis III, Amenofis III, Amenofis IV, Tutankhamon, Ramesses II e Ramesses III. E’ un periodo di grande fermento artistico e ingegneristico. In questo periodo sono costruite grandi opere e monumenti tra i quali il sepolcro di Ramesses II (cd Ramesseum) e il Tempio del dio Amon presso l’attuale località di Karnak. Nel XIII secolo il faraone Ramesse II redige il primo trattato di pace della storia dopo la vittoria contro gli ittiti nella battaglia di Qadesh. E’ anche un periodo di grandi rivoluzioni culturali e religiose. Per un brevissimo periodo viene introdotto il culto del dio Aton. La ricchezza egiziana è tuttavia anche un oggetto di forte richiamo per nuovi nemici e invasori. Nel 1279 a.C. gli egiziani sotto la guida del faraone Ramesses II riescono a fermare l’invasione degli ittiti con la vittoria di Kadesh. Pochi decenni dopo respingono il tentativo di invasione dei popoli del mare. Decadenza del nuovo regno. Nel XI secolo a.C. la civiltà egizia si avvia verso un progressivo declino a causa di un processo di disgregazione interno che culmina con la contemporanea presenza di due capitali: Tebe come capitale religiosa e Tanis come capitale politica. Dopo essere entrati in una nuova fase di decadenza gli egiziani non riescono a respingere l’invasione degli assiri che nel 666 a.C. conquistano e assoggettano il territorio egiziano. Dal 660 al 525 a.C. sale al trono d’Egitto la dinastia saitica. La bassa epoca è un periodo storico dell’antico Egitto compreso tra l’ascesa al potere della XXVI dinastia (663 a.C.) e l’invasione dei persiani in Egitto (525 a.C.). E un periodo di forte ridimensionamento delle ambizioni egiziane. Nel 663 a.C. Psammetico I, governatore di Sais, caccia gli assiri dai territori egiziani e conquista il trono di Egitto. Con il faraone Psammetico I ha inizio la XXVI dinastia di faraoni. La capitale egiziana viene spostata sul delta del Nilo nella città di Sais. Nella bassa epoca gli egiziani rinunciano alle politiche espansionistiche ed a gran parte dei territori conquistati in passato. Con la XXVI dinastia l’Egitto rafforza soprattutto la propria politica commerciale ed intensifica gli scambi con greci e fenici. Tuttavia la debolezza militare e la ricchezza commerciale sono un’attrattiva molto forte per le altre popolazioni confinanti. Nel 525 a.C. il regno di Egitto viene conquistato dai persiani sotto la guida del re di Persia Cambise. L’ultimo faraone della XXVI dinastia, Psammetico III, muore in battaglia e con lui cade l’indipendenza dell’antico Egitto. Con l’invasione persiana l’Egitto diventa una provincia periferica del vasto impero persiano. NiloIl Nilo – Ancora oggi ci si chiede cosa sarebbe l’Egitto senza il Nilo, questo imponente fiume che, come detto, è lungo 6671 km, e nasce nella parte centro-orientale dell’Africa (Sudan), dove ebbe origine l’ominazione. Il Nilo ha anche due grandi affluenti: Nilo Bianco e Nilo Azzurro, che s’incontrano e si fondono vicino alla capitale sudanese Khartoum. E’uno dei fiumi più lunghi del mondo, con una portata di 2.830 mc al secondo (la media annuale è di 1.048 mc) e con un bacino idrografico che copre una superficie di 3.254.555 kmq (quasi 11 volte l’Italia), che rappresenta circa il 10% della superficie dell’Africa. Nella zona desertica dell’alto Egitto forma un’oasi fluviale larga dai 5 ai 20 km utilizzabile per la coltivazione. A nord del Cairo, si divide in due rami che confluiscono nel Mediterraneo: il Ramo di Rosetta a ovest e il Ramo Damietta a est che danno vita così ad un Delta che si estende su 24.000 kmq di superficie. Da Khartum il corso del Nilo è molto regolare con una scarsissima pendenza, interrotta solo dalle sei cataratte fino ad Assuan, che sono un ostacolo alla navigazione solo nelle acque basse. Nel passato, a causa di queste piene, il livello dell’acqua aumentava di parecchi metri (presso Assuan di 9 metri), e solo i villaggi costruiti su alture non subivano danni. L’acqua del Nilo lasciava nei campi una grande riserva d’acqua oltre ad uno strato di limo molto ricco di sostanze fertilizzanti. Tutte le tombe dell’antico Egitto sono state costruite a ovest del Nilo, poiché gli Egiziani credevano che, al fine di entrare nell’oltretomba, bisognasse essere sepolti sul lato che simboleggiava la morte. Le piene annuali del Nilo erano dovute allo scioglimento delle nevi nella zona delle sorgenti dell’Africa equatoriale. Esse portavano grande fertilità, ma anche allagamenti di precedenti coltivazioni, per cui era impossibile potersi insediare stabilmente nei pressi del fiume, almeno non senza prima averlo controllato con appositi bacini e canali, ed è appunto da questa esigenza che nasce la necessità di uno Stato centralizzato (uno dei primi della storia), in grado di garantire la manutenzione costante di quelle strutture da cui dipende la sopravvivenza di tutti. Questa esigenza fece sì che le tribù nilotiche impararono a vivere prima sotto l’autorità di capi locali (fase della formazione dei distretti o nomos). I vari nomos si scontrarono e si allearono tra loro, nell’arco di circa un millennio, fino a formare due regni, l’Alto Egitto a sud (costituito dalla parte meridionale della valle del Nilo, montuoso e poco fertile) e il Basso Egitto a nord (costituito principalmente dal delta del fiume, pianeggiante e molto coltivato). Il regno dei Tolomei durò dal 323 sino all’arrivo dei romani (30 a.C.). La dinastia tolemaica (13 re e tre regine, tutti col nome di Tolomeo, e le regine con quello di Cleopatra) favorì le scienze e le arti: famosa la biblioteca d’Alessandria, che possedeva 700.000 volumi e che subì ripetuti incendi, a partire da quello sotto Cesare. Arte, scienza e cultura: la cultura è privilegio esclusivo delle classi elevate (specie i sa cerdoti). Tra le scienze esatte spiccano: matematica, geometria, astronomia e meteorologia (conoscevano l’anno solare diviso in 12 mesi di 30 giorni cui se ne aggiungevano cinque di festività e sapevano prevedere con relativa esattezza il momento delle piene); tra le scienze applicate spiccano ingegneria, idraulica e agrimensura (dovevano calcolare i livelli di piena, regolare l’intensità del flusso idrico, progettare canalizzazioni dei campi, misurarli esattamente, perché il fango trasportato dalle esondazioni cancellava i confini tra i vari appezzamenti). Usavano la squadra, il livello, il filo a piombo, le aste di misurazione…; usavano il sistema decimale ma non il posizionale delle cifre, quindi usavano somma e sottrazione, ma per moltiplicare sommavano la cifra tante volte quanto era necessario (per le frazioni usavano solo il 2/3). Nell’architettura sono importanti le piramidi, la Sfinge, i templi, gli obelischi (quest’ultimi sono monumenti quadrangolari molto alti, realizzati in un unico pezzo di pietra simboleggiante i raggi pietrificati del sole); nella scultura le statue di faraoni e di divinità; la pittura parietale si trova in palazzi, tombe e templi. La mummificazione dei faraoni portò allo studio dell’anatomia e della medicina.esempio di geroglifico Letteratura: Prevalentemente di carattere religioso (ad es. Libro dei morti). Ma vi sono altri testi: Storia dell’Oasiano, Racconto dei due fratelli, Cattura di Joppe, Principe predestinato, Racconto del naufrago, Racconto di Sinuhe, Canti dell’Arpista (ove si plaude al fatto che la morte rende tutti uguali), Inno al Nilo (quest’ultimo spiega molto bene che cosa avveniva in assenza delle piene del Nilo). Scrittura: La scrittura egiziana nacque presumibilmente nella regione del Delta del Nilo, in un’epoca probabilmente precedente a quella in cui si affermò la scrittura cuneiforme in Mesopotamia. I primi esempi di scrittura geroglifica, grazie al ritrovamento di alcune tavolette ad Abido che testimoniano il pagamento di tasse, risalgono al periodo anteriore all’unificazione del Paese sotto il faraone Narmer, mentre gli ultimi appartengono al terzo secolo quando progressivamente la scrittura geroglifica fu sostituita da quella copta. La scrittura egizia era di tre tipi: geroglifica (dal greco hieroglýphos, “scrittura sacra”) usata per i monumenti e ieratica (dal greco hieros, “sacra”), usata dai sacerdoti, e demotica, usata da tutti. La scrittura egizia può essere considerata fonetica, figurativa e simbolica. L’alfabeto possiede solo consonanti e nessuna vocale. Le vocali erano sottintese. La scrittura geroglifica, nata nel IV millennio a.C., è composta da pittogrammi, cioè da piccole immagini dipinte raffiguranti piante, animali, utensili, parti del corpo umano, quindi i segni sono derivati delle cose reali. Prima si usò sulla pietra, poi, a partire dal III millennio, su papiro, ricavato da una pianta del Nilo, che permise la circolazione dei documenti. Nel VII sec. a.C. si cominciò a usarla anche in testi religiosi in forma diversa. Nello stesso secolo il faraone Psammetico I introdusse quella cosiddetta “demotica” (dal greco demos, popolare) arricchita di numerosissimi segni. L’impiego simultaneo delle tre scritture durò fino al III d.C. L’ultima iscrizione in demotico è del 470 d.C. Solo nel V sec. d.C. fu introdotto l’alfabeto copto, che usava quello greco con l’aggiunta di nuove lettere. La scrittura egizia è stata decifrata nel 1821 da J. F. Champollion, che trovò una stele nei pressi di Rashid (da cui prese il nome di Rosetta), sul delta del Nilo, recante un’iscrizione trilingue in geroglifico, demotico e greco. Scoperta la stele, la scrittura non fu subito decifrata in quanto gli studiosi ritenevano ch’essa fosse o ideografica o fonetica. Fu proprio Champollion a intuire ch’era entrambe le cose. La lettura dei geroglifici presuppone la conoscenza di almeno 600 segni: una parola può essere scritta come ideogramma (un solo segno per indicare una sola parola), oppure può essere scritta da un segno che va letto come suono. P.es. se vi è un cerchio e un’anatra vicino, il cerchio è un ideogramma che rappresenta il sole e quindi il dio Ra. L’anatra invece è un simbolo fonetico (“sa”). Ora, siccome la parola “figlio” si pronuncia “sa”, l’ideogramma in questione, col segno fonetico combinato, non voleva dire altro che “Figlio di Ra”. Religione: politeismo naturalistico e antropomorfico (a base totemica), nel senso che le divinità rappresentavano in forma umanizzata o semi-umanizzata (corpo umano e testa di animale) le forze della natura (il totem era il simbolo del clan, cioè delle famiglie imparentate tra loro), ma vi erano anche dèi della nascita e della morte, della famiglia e dell’istruzione, ecc. Alcune divinità erano venerate in tutto l’Egitto, altre erano esclusivamente locali. La triade principale era Osiride, Iside e Horus (di quest’ultimo il faraone rappresenta l’incarnazione). Molti animali erano considerati sacri (zoomorfismo): il gatto perché eliminava i topi, l’ibis perché uccideva i serpenti, il coccodrillo perché, scendendo a valle, indicava l’arrivo delle inondazioni del Nilo. Quando un clan sottometteva un altro clan, anche le divinità sconfitte venivano subordinate a quelle vincitrici.Dei dell’antico Egitto Gli Egizi credevano nell’aldilà (immaginato simile all’esistenza terrena), nel giudizio dell’anima, nella reincarnazione. Praticavano l’imbalsamazione. Quando il capo di un villaggio, di una città o regione diventava particolarmente potente a livello sociale o politico, restava fedele alla divinità delle sue origini e si adoperava per estenderne il culto in tutto il paese. A partire dal II millennio si comincia a pensare che tutte le persone sopravvivano alla morte, per cui l’imbalsamazione si diffonde largamente. Dal 1375 al 1350 il faraone Amenofi IV (1375-1358) impose il culto di Aton (disco solare), cambiandosi persino il proprio nome in Akenaton (“colui che è caro ad Aton”), finché questi divenne il solo culto ammesso (monoteismo), che però non sopravvisse alla morte del faraone, a causa dell’ostilità del clero politeista. Resta originale l’idea secondo cui la sorte dell’uomo dopo la morte è determinata dalla sua condotta in vita. E’ probabile che da questa riforma fallita sia nato il tentativo di proseguirla, da parte di Mosè (sacerdote egizio) col popolo d’Israele. Principi etici della riforma furono la giustizia e la benevolenza di un dio unico e universale, il perdono dei peccati, premi e castighi dopo la morte, uguaglianza tra gli uomini, e la proibizione di non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, che riappariranno solo dopo 600 anni, coi profeti ebrei. Il suo successore, che era anche suo genero, Tutankamon ristabilì il politeismo, obbligato dalle pressioni dei sacerdoti e del popolo. Morì a 18 anni d’età e la sua tomba fu scoperta intatta nel 1929. I principali dèi egizi: RA, dio sole con la testa di falco; ISIDE, dea della maternità; SOBEK, dio coccodrillo dal cui sudore, secondo la leggenda, ebbe origine il Nilo; OSIRIDE, il dio dei morti; ANUBI, con la testa di sciacallo; HORUS, dio con la testa di falco. I templi ospitavano scuole e biblioteche, erano formati da tante colonne, con diverse sale che portavano al santuario, dove era custodita la statua del dio. Sui muri esterni vi erano raffigurate le battaglie combattute. Solo i sacerdoti potevano entrare nel tempio, raramente i faraoni; la gente assisteva alle processioni all’esterno. Il libro dei morti è una raccolta di formule magiche e preghiere che secondo gli Egizi guidavano e proteggevano l’anima del defunto nel suo viaggio nell’oltretomba. Pensavano che la conoscenza di quDio Anubiesti testi permettesse all’anima di scacciare i demoni che ostacolavano il cammino e di superare le prove poste da quarantadue giudici del tribunale di Osiride. Ordinamento politico-sociale: il faraone è dio in terra (teocrazia) e sovrano assoluto: lo Stato gli appartiene come una proprietà personale ed ereditaria. La seconda persona del regno era il visir, preposto all’amministrazione e alla giustizia. Centro della vita politico-amministrativa è il palazzo reale (= tempio, abitazione del faraone, palazzo della cancelleria, magazzino dei tesori reali: non essendo conosciuta la moneta, si paga in natura o col lavoro gratuito). Il popolo è diviso in sei classi sociali chiuse: 1) sacerdoti (privilegiati, spesso ostili alla monarchia che vuole limitare il loro grande potere); 2) scribi (funzionari addetti all’amministrazione dello Stato: i pochi che sanno scrivere); 3) guerrieri o nobili (con alti comandi nell’esercito: gli unici militari di ruolo erano gli ufficiali; i soldati semplici erano reclutati temporaneamente tra i contadini, che venivano ricompensati con porzioni di terra coltivabile, ma esistevano anche i mercenari, di cui i più importanti erano gli arcieri nubiani. I nobili governano le province); 4) artigiani specializzati (orafi, vasai, falegnami, pittori…); 5) contadini (pochi diritti politici, spesso in condizioni misere, potevano avere una piccola proprietà e sposarsi; erano obbligati a restare nei loro villaggi di nascita; dovevano ovviamente cedere allo Stato una parte dei loro frutti ed erano tenuti a costruire i monumenti voluti dal faraone); 6) schiavi (nemici sconfitti o debitori insolventi, preposti alle attività più faticose, non particolarmente numerosi; in ogni caso non esisteva un “mercato di schiavi”; in genere provenivano dalla Nubia; per potersi affrancare bastava la dichiarazione del padrone davanti a un testimone). Tutto il territorio statale era suddiviso in province, sottoposte a un governatore che dipendeva direttamente dal faraone. Condizioni economiche: attività principale è l’agricoltura (grazie agli straripamenti periodici del Nilo, che però se non avvenivano per un paio d’anni, la carestia era inevitabile, con notevoli conseguenze sociali). Ottima rete d’irrigazione presso il fiume. Notevole la pianificazione delle colture. Industrie sviluppate: oro, argento, rame, stagno, gioielli, pietre dure, profumi, ceramica e tessile (cotone, lino e lana). La proprietà della terra è concentrata nelle mani del faraone che l’affitta ai contadini distribuiti in migliaia di comunità di villaggio (l’affitto poteva arrivare anche al 60% del prodotto). Consistente la produzione di papiri da cui ricavavano carta da scrivere. Condizione della donna: Le donne aiutavano i mariti nel lavoro e facevano lavori domestici: cucinavano, lavavano, avevano il compito di macinare i cereali, preparare la birra, filare e tessere il lino. Con il marito condividevano la vita sociale. Disponevano anche di un’eredità che portavano in dote allo sposo. L’uomo e la donna si sposavano molto giovani: di solito l’uomo (14 anni) era più anziano di lei (12 anni). Si badi che l’età media era di circa 40 anni. L’uomo non poteva sposare una schiava perché era illegale: se lo faceva i suoi figli erano considerati schiavi. Il faraone poteva sposare più donne, che erano costrette a restare nella sua “fortezza”. Quando il marito divorziava dalla moglie, questa aveva diritto agli alimenti. La donna, quando moriva, aveva diritto ad avere una tomba pari a quella dell’uomo. Alimentazione: Pane e birra erano il cibo e la bevanda più usati. Pare che ci fossero circa trenta o quaranta tipi di pane con diverse forme e vari ingredienti: orzo, farro, frumento. Coltivavano anche cipolle, aglio, porri, fagioli, lenticchie e lattuga e mangiavano molto pesce del Nilo. Esistevano anche zucche, datteri, fichi, cetrioli e meloni, ma non agrumi. Ai banchetti sontuosi si offrivano diversi tipi di cibi: anatre, oche, manzo, gazzelle, maiali, pecore, capre, cacciagione, che venivano arrostiti o bolliti, e si beveva vino, mentre i poveri si facevano la birra. Vasi di terracotta e cesti, ottenuti intrecciando foglie di palma e strisce di papiro, erano i contenitori usati nelle diverse attività quotidiane. Abitazioni: Le case erano diverse a seconda delle classi sociali di appartenenza. Le persone comuni abitavano in case di mattoni cotti al sole. Le stanze erano quadrate, avevano finestre piccole e il tetto era usato anche come cucina. Abbigliamento: La maggior parte degli abiti era di lino, una stoffa ottenuta tessendo le fibre di una pianta. La lana veniva usata molto raramente. I loro vestiti erano molto semplici: un gonnellino per gli uomini e per le donne lunghe tuniche in lino, che arrivavano fino ai piedi, e un largo mantello. Gli abiti raramente erano bianchi, ma alcuni vestiti venivano tinti con colori vegetali e minerali (rosso, blu e giallo). Ai piedi si mettevano sandali fatti con foglie di palma e giunchi. I sandali di pelle erano molto resistenti ma anche molto costosi. Le regine e le donne più ricche potevano permettersi collane con grosse perle di pietra preziosa, pesanti collane in oro ed elaborate parrucche; infatti, erano quasi tutte senza capelli per poterle indossare più facilmente. Il trucco si componeva di kohl per colorare di nero gli occhi, di olii e cosmetici per la pelle e di profumi. Nelle feste le donne usavano portare in testa dei piccoli coni profumati. Dato il clima estremamente caldo dell’Egitto, gli uomini, specialmente quelli che lavoravano, non si vestivano con abiti pesanti. La maggior parte di essi, infatti, portava solo un perizoma, lungo fino alle ginocchia, fatto di pelle o di lino. I faraoni, poi, potevano permettersi gioielli da indossare sul petto e sui polsi, spesso raffiguranti divinità. Durante le feste gli uomini più ricchi indossavano parrucche. Acconciature: Si truccavano gli occhi di nero ricavato dal piombo, specchiandosi in specchi di rame e di bronzo lucidati. I capelli erano spesso tinti. Le donne indossavano parrucche per proteggersi dal sole quando lavoravano all’aperto. I bambini, specialmente i ragazzi, avevano la testa rasata, eccetto una lunga ciocca lasciata crescere di lato. Era il “ciuffo della gioventù” e mostrava che l’adolescente non era ancora considerato un adulto. Gioielli e profumi: I profumi venivano conservati in diversi contenitori a forma di animali di ceramica smaltata. I gioielli (famosi soprattutto per l’inserimento di pietre molto dure) si facevano in un’oreficeria che raggiunse varie tecniche di lavorazione dell’oro. Gli uomini e le donne usavano truccare gli occhi, usavano anche il rossetto e l’eye-liner e li mescolavano su un cucchiaio apposito. QuaPiramidi di Gizando le donne andavano ad una festa portavano abiti lunghi e stretti. Giochi: I genitori costruivano per i loro figli animali di legno con la bocca che si apriva e chiudeva azionando una cordicella. I bambini poveri avevano delle trottole di quarzo. Molto conosciuto era il senet: l’antenato della dama e degli scacchi. Piramidi: sono più di 90 in tutto l‘Egitto, oltre alle 180 presenti nella regione nubiana (Sudan), appartenenti al periodo meroitico (300-350 d.C.). I primi faraoni furono sepolti in tombe basse di forma rettangolare chiamate Mastabe (un tronco di piramide formato da gradoni sovrapposti). Poi queste tombe vennero costruite a più strati e diedero origine alle piramidi a gradoni. In seguito alcuni faraoni vollero avere una tomba grandiosa e si fecero costruire dai loro schiavi e dai contadini piramidi in pietra, alte come collinette. Poiché la maggior parte delle piramidi veniva saccheggiata, i faraoni decisero di essere sepolti in tombe più semplici costruite sotto terra o scavate nella roccia, in luoghi non facilmente accessibili (“la valle dei re”). All’interno le pareti erano dipinte con affreschi che rappresentavano scene di vita quotidiana o scene religiose. Per i templi e le piramidi si usavano non mattoni crudi seccati al sole, ma blocchi di pietra, trasportati attraverso il Nilo e i suoi affluenti e anche attraverso i canali artificiali. Ci volevano circa 1200 operai per estrarre le pietre necessarie alla costruzione di una piramide. Sulla terra i blocchi venivano trainati con slitte fatte scorrere sulla sabbia, preventivamente bagnata (quando vennero fatte le prime piramidi non conoscevano ancora la ruota). otto ore al giorno e venivano pagati in natura. Potevano protestare e scioperare e, siccome era difficile rimpiazzarli, le maestranze scendevano facilmente a compromessi, anche perché se si rifugiavano presso il recinto sacro di un tempio, non si poteva usare la forza per ricondurli al lavoro. L piramidi rappresentavano la stabilità del regno, la sua sicurezza, dell’ordine di una società basata sull’antagonismo sociale, in cui il potere politico e religioso dominava in maniera essendo proprietario di tutto.