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raccolta di fiabe britanniche rare

raccolta di fiabe ritanniche rare

ecco alcune fiabe della gran bretagna e della scozia molto rare.


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C’era una volta una ragazza, figlia di contadini, così pigra che sua madre non era riuscita ad insegnarle a filare. Era molto bella, ed il suo unico passatempo
era andarsene a zonzo per i boschi o guardare i ruscelli scorrere, malgrado la madre la rimproverasse in continuazione. Un giorno la madre perse la pazienza,
le diede in mano sette matasse di lana e le disse: Dovrai filarla entro tre giorni, altrimenti ti caccerò di casa!

La ragazza capì che la madre faceva sul serio e così provò a mettersi al lavoro: ma in breve tempo le sue manine si riempirono di calli e la sua bocca,
a forza di tagliare il filo, si rovinò. Così la ragazza decise di non proseguire il lavoro e di ritornarsene a spasso.

Giunta vicino ad un torrente, vide una minuscola vecchina, tutta deforme dagli anni e dal lavoro, che filava. Siete molto brava, nonna, disse la ragazza,
non è che potreste darmi una mano con il mio lavoro?

Portamelo qui ed io ti aiuterò!, disse la vecchina. La ragazza le portò la lana e la vecchina sparì di colpo. Per un po’ la nostra protagonista la aspettò,
poi si addormentò. Si svegliò che era già verso sera, ed avvicinandosi ad una roccia vicino ad un ruscello, sentì una voce che diceva: La bimba che dorme
sulla collina non sa che il mio nome è Habetrot. Nella roccia c’era un buco: lei guardò dentro e vide che dava su una caverna in cui la piccola vecchina
stata filando tutta la sua lana, con l’aiuto di altre due minuscole vecchine come lei, deformate anche loro dagli anni e dal lavoro.

Dopo poco la vecchina uscì dalla caverna e consegnò alla ragazza la lana pronta. La ragazza tornò a casa, mangiò sette cosce di pollo che trovò vicino
al fuoco per lei e si mise a dormire. L’indomani mattina la madre fu molto contenta nel vedere che aveva fatto il lavoro e cominciò a canticchiare tra
sé: Mia figlia ha filato sette matasse di lana, mia figlia ha filato sette matasse di lana!

Un nobile di quelle terre stava andando a spasso quando sentì quella donna che cantava: si affacciò per vedere se era tutto vero, e oltre la lana filava
vide anche la figlia della donna, che era talmente bella che se ne innamorò subito e la chiese in moglie. Ma poco dopo ricominciò con la storia della lana
da filare. La ragazza, disperata, andò da Habetrot, che le disse: Porta il tuo fidanzato qui! La ragazza portò il giovane lì e si trovarono di fronte a
tre vecchine sformate. Il giovane chiese: Perché siete così brutte? Perché è una vita che filiamo! Allora il nobile decise che la sua fidanzata non avrebbe
più filato. I due ragazzi si sposarono e vissero felici e contenti, con Habetrot e le sue sorelle che si occupavano delle faccende di casa.



l’ungunto miracoloso





C’era una volta una giovane mamma, che viveva con il suo bambino in una casa sulle colline. Un giorno  stava cullando il suo piccolo e gli stava preparando
il latte, quando sentì bussare. Alla porta c’era una splendida dama con un bimbo piccolo in braccio anche lei.

Sono in viaggio da tanto tempo, disse la donna, prepara qualcosa da mangiare per me e il mio bambino!

La mamma capì che quella dama era una fata, e per questo motivo la trattò con tutti gli onori. Alla fine del pranzo, la dama disse: Voglio darti una ricompensa:
con questo unguento che ti dono, potrai far guarire persone ed animali e diventare ricca.

Per diverso tempo la mamma umana poté usufruire dei suoi poteri: ma molta gente del villaggio vicino cominciò ad essere gelosa verso di lei, e a tramare
contro lei e il suo bambino. La mamma chiese l’aiuto della fata, che le portò via l’unguento: Purtroppo la tua gente non può apprezzare un simile dono!
La mamma ritornò una donna normale ma lei e suo figlio non dimenticarono mai l’amicizia che li legava al mondo delle fate, e ad ogni luna piena si ricordarono
sempre di lasciare fuori dalla casa cibo e latte per i loro amici del Popolo Fatato.



tam lin





C’era una volta la figlia di un nobile, che si chiamava Janet. Janet aveva un carattere molto avventuroso, ed un giorno decise di uscire per andare ad
esplorare una foresta cupa che si trovava vicino a casa sua. Girovagò a lungo, finché in una radura vide delle splendide rose selvatiche e pensò di coglierle
per fare un regalo a sua madre e alle sue sorelle che non amavano andare in giro come lei. Aveva appena colto una rosa, quando venne fuori dalla terra
un giovane cavaliere, che le disse: Come osi cogliere quelle rose? Janet gli rispose: Volevo fare un regalo a mia madre e alle mie sorelle! Allora il cavaliere
rispose: In realtà, anche se devo vegliare su questa foresta, a te regalerei qualsiasi cosa. Janet gli chiese allora il suo nome e lui rispose: Mi chiamo
Tam Lin! Janet ebbe paura, perché sapeva che apparteneva al popolo degli elfi. Ma Tam Lin le raccontò la sua storia.

Io sono umano come te. Tanti anni fa, ero in questi boschi con mio zio quando fui rapito dalla Regina degli Elfi: mi sentii di colpo stanco, mi addormentai
e al mio risveglio mi trovavo nel regno degli Elfi. Da allora di giorno devo fare la guardia a questa foresta, e di notte devo tornare nel regno, dove
sono prigioniero della Regina. Vorrei tanto che qualcuno mi aiutasse a vincere quest’incantesimo!

Janet gli rispose: Vorrei aiutarti, c’è un modo per farlo?Tam Lin allora le disse: Stanotte è Halloween: il popolo degli Elfi cavalca sulla Terra. Tu vai
al crocevia prima di questa foresta ed aspettami passare. Poi aggrappati a me, e qualsiasi cosa succeda non mi lasciare!

Janet aspettò la cavalcata degli Elfi al crocevia e quando vide Tam Lin apparire, gli si buttò addosso e lo strinse a sé. Di colpo Tam Lin diventò una
piccolissima lucertola, poi un serpente spaventoso, poi una barra di ferro arroventato, ma niente: Janet non lo lasciava andare. Allora la Regina degli
Elfi capì che aveva perso.

Tam Lin rimase con Janet, la sposò e vissero per sempre felici e contenti, vicini a quella foresta magica che li aveva fatti incontrare.



il figlio del re di irlanda





C’era una volta il figlio del re d’Irlanda che si trovava a fare un giro nei boschi. Era inverno, aveva nevicato. Si punse con un rovo, e qualche goccia
di sangue cadde sulla neve, vicino ad una penna lasciata cadere da un corvo. A quel punto il principe giurò a se stesso che non si sarebbe più fermato
fin quando non avesse trovato una donna con i capelli neri come le ali del corvo, la pelle bianca come la neve e le labbra rosse come il sangue.

Iniziò a viaggiare: incontrò la famiglia di un uomo che era appena morto e non aveva soldi per pagare il funerale ed accettò di pagare lui per loro. Poi
incontrò uno gnomo minacciato da un’enorme aquila e lo salvò. Lo gnomo chiese di essere preso al suo servizio, chiedendogli in cambio solo il primo bacio
della moglie del principe, quando l’avesse trovata. Il principe acconsentì.

Più avanti incontrarono un uomo con un fucile in mano. Lo gnomo disse al principe di prenderlo al suo servizio, in cambio di un terreno per la sua casa.
Il principe acconsentì.

Poi più avanti incontrarono un uomo appoggiato all’erba con l’orecchio: anche qui lo gnomo propose al principe di prenderlo al suo servizio in cambio di
un po’ di terreno per la sua casa. Il principe acconsentì di nuovo.

Poi incontrarono ancora un uomo che faceva girare le pale di un mulino a vento semplicemente soffiando: anche qui lo gnomo gli propose di prenderlo al
servizio, in cambio sempre di un po’ di terreno per la sua casa. Il principe acconsentì di nuovo.

Alla fine trovarono ancora un uomo che spaccava la legna con un solo piede. Di nuovo lo gnomo propose al principe di portarlo con sé, in cambio sempre
di un po’ di terreno. Il principe acconsentì di nuovo.

Giunsero infine in un villaggio su cui incombeva un cupo castello: chiesero agli abitanti chi ci viveva, e gli fu risposto che viveva un gigante che teneva
prigioniera una splendida principessa, dalla pelle bianca come la neve, dai capelli neri come l’ala del corvo e dalle labbra rosse come il sangue.

Il principe decise di liberarla ed andò a bussare alla porta del castello. Il gigante gli disse: Potrai avere la principessa solo se supererai tutte le
prove a cui ti sottoporrò: in caso contrario morirai!

Come prima cosa, lo portò di fronte a tre bersagli che si muovevano in continuazione: Centrali perfettamente, altrimenti morirai! A quel punto comparve
l’uomo con il fucile in mano, che fece per lui il lavoro.

Poi allora il gigante gli disse: Attaccati al terreno, e dimmi di cosa stanno parlando le formiche! L’uomo appoggiato all’erba con l’orecchio riferì tutto.

Allora il gigante disse: Seminami con l’aiuto di un soffio tuo tutti questi semi! L’uomo che faceva girare le pale del mulino a vento fece lui tutto il
lavoro.

Allora il gigante portò il principe in una foresta e gli disse ancora: Tagliami tutti questi alberi in mezz’ora! L’uomo che spaccava la legna con il piede
si occupò lui stesso di questo.

Allora il gigante disse: Hai vinto, puoi andare a baciare la tua fidanzata! Ma lo gnomo ricordò la promessa del primo bacio, ed entrò lui dalla principessa,
che era su un trono circondata da decine di serpenti velenosi. Lo gnomo eliminò tutti i serpenti e poi fece entrare il principe.

Ti ringrazio di avermi aiutato, disse il principe. Non ti preoccupare, rispose lo gnomo, sono io che ti devo ringraziare: io sono lo gnomo protettore della
famiglia che tu hai aiutato pagando il funerale, e ti ho voluto ricompensare per la tua generosità. Ti auguro di essere felice per sempre.

Il principe d’Irlanda tornò a casa con la sua fidanzata, la sposò e vissero felici e contenti. E lo gnomo? Da allora protesse la famiglia del suo nuovo
benefattore.



tom moore e la donna foca





C’era una volta in un villaggio sul mare un giovane pescatore che si chiamava Tom Moore: era rimasto orfano e da tempo stava cercando una moglie, ma malgrado
fosse un ragazzo bello ed intelligente non riusciva a trovare nessuna fidanzata. Un mattino, all’alba, vide su uno scoglio vicino a casa sua la più bella
donna che avesse mai visto. Se ne innamorò immediatamente.

Stava salendo l’alta marea e Tom ebbe paura che la ragazza affogasse. La chiamò, ma lei si buttò in acqua e scomparve dalla sua vista. Per tutto il giorno
Tom pensò a lei, senza riuscire a lavorare. Il mattino dopo la rivide: a terra, vicino a lei, c’era una pelle di foca. Subito Tom prese la pelle di foca:
lei disse di restituirgliela, ma lui rifiutò: aveva sentito parlare delle donne foche e sapeva che non doveva ridare loro la pelle per nessuna ragione,
altrimenti le avrebbe perse.

La ragazza accettò allora di andare a casa con lui e di diventare sua moglie. La pelle della foca finì nascosta sotto una cassapanca. Passarono gli anni
e dal matrimonio nacquero tre bei bambin, ma con una membrana di foche tra le dita delle manii.

Un giorno, anni dopo, scoppiò una tempesta che allagò la casa. Tom e la moglie si misero a lavorare alacremente per tirare fuori l’acqua. Ad un tratto,
da sotto la cassapanca venne fuori la pelle di foca. La moglie guardò Tom con aria triste, prese la pelle e si buttò in mare. Non fece più ritorno, ma
continuò a proteggere Tom e i suoi bambini, mandando loro cibo e fortuna. Si dice inoltre che i discendenti di Tom vivano ancora lì e di tanto in tanto
nasca qualcuno con la membrana tra le dita delle mani o dei piedi.